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Dispersione scolastica in Regno Unito, in aumento i “ghost children”: tasso di assenza a scuola raddoppiato dopo il Covid

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Su una buona parte dei rotocalchi nazionali ed internazionali iniziano a figurare – a mo’ di affermazioni dal sapore politico – le preoccupazioni delle istituzioni e delle opposizioni all’esecutivo anglosassone circa i dati della dispersione scolastica che infiamma il paese. Il caso dei “ragazzi fantasma” – ovvero quegli ex studenti che non mettono piede in aula da oltre tre mesi – è divenuto virale, tanto che il Ministero del Lavoro e dell’Istruzione, in modalità congiunta, hanno emesso un dettagliato rapporto circa i dati e le cause del fenomeno.

Incrociano i dati di scuola ed occupazione, dunque, figura che il numero dei NEET – giovani che non studiano, non svolgono attività professionali e non seguono alcun corso di formazione – è in netto aumento ed iniziano a pesare, in termini di sovvenzioni e di finanziamenti sociali, alle casse di un paese che fa fatica a garantire anche i servizi di base o l’accesso alle scuole più prestigiose, ricorrendo alla privatizzazione dei sistemi come avvenuto sotto l’egida dell’esecutivo a guida Thatcher. Le istituzioni puntano il dito contro la malagestione dell’emergenza sanitaria e lo scaturirsi di quella economica ed infine sociale che ha colpito le famiglie meno abbienti ed in pregressa difficoltà economica.

Pandemia e dispersione. I dati più recenti

Nell’autunno 2022, 125.222 alunni erano assenti dall’aula il più delle volte, segnando un dato elevato a livello dispersivo non solo a livello nazionale ma anche comunitario. Rispetto ai 60.244 dell’autunno 2019 un numero maggiore di scuole è stato interessato dal fenomeno. La causa, oltre alla già citata emergenza sanitaria, è attribuita alla limitata offerta formativa in alcune aree del paese, quelle rurali e più remote, per le quali risulta più dispendioso offrire servizi ed attività extracurriculari.

Mentre le cifre mostrano un miglioramento rispetto allo scorso anno, il tasso di assenza è quasi il doppio rispetto a prima della pandemia. I consigli locali evidenziano i problemi di finanziamento per non essere in grado di tenere traccia degli alunni persi in maniera adeguata. Nonostante il governo abbia speso di più per l’istruzione dal 2019, l’aumento dei costi e dell’inflazione hanno contribuito alla crisi, provocando un evidente disadeguamento tra spesa programmata ed effettiva. La legge richiede che tutti i bambini in età scolare ricevano un’adeguata istruzione a tempo pieno specie in tenera età, ma l’anno scorso circa 140.000 tra ragazzi e ragazze non sono mai stati in classe. Questo dato ha registrato un +137 % dall’inizio dell’emergenza sanitaria da COVID-19,

E in Italia? Preoccupa il calo delle iscrizioni. Incide la natalità sempre più bassa

Secondo i dati raccolti dal ministero dell’Istruzione e del Merito già a marzo scorso, per l’anno scolastico 2023/2024 son previsti 130.000 in meno rispetto all’anno corrente. Il dato si rapporta sia con la dispersione, in aumento preoccupante nel Mezzogiorno, sia con il calo definitivo di natalità di matrice trentennale dettato da uno sviluppo economico sempre più precario e con prospettive poco chiare per le coppie giovani. Data l’assenza in prospettiva di intere classi per l’anno prossimo, come impiegare gli insegnanti? Un calo degli studenti, come sostengono gli esperti, potrebbe favorire la creazione di più classi gestibili al posto delle note “pollaio” che, invece, restano ancora una piaga nel sistema scolastico italiano.

Solo nell’attuale anno scolastico, specie nelle scuole secondarie e in particolare nelle classi prime di licei ed istituti tecnici, professionali, sono 13.761 le aule sovraffollate a partire dai 27 studenti in su, per i quali non si trovano alternative di smistamento. Secondo le previsioni, il Belpaese di questo passo sarà colpito da una devastante crisi demografica nell’arco di 20 anni. I dati stimano circa -760.000 ragazzi e ragazze di età compresa tra 19 e 24 anni nel 2042.