Home I lettori ci scrivono Divorzio fatale tra teoria e pratica nella scuola

Divorzio fatale tra teoria e pratica nella scuola

CONDIVIDI

Il compromesso scelto dal ministro dell’Istruzione Bianchi per risolvere il problema degli insegnanti precari tra spinte politiche diverse, la sanatoria proposta soprattutto dalla Lega con Pittoni e la scelta costituzionale di fare un concorso per assumere fatta propria dal M5S,è stato quello di fare un concorso facilitato con tirocinio pratico e una prova orale con commissione esterna.

Può sembrare un buon compromesso, ma vorrei sottolineare che ancora una volta nella scuola si sceglie di fare un divorzio tra teoria e pratica. Non sarebbe stato più giusto e utile che fosse una commissione della scuola, magari il comitato per la valutazione degli insegnanti presieduto dal dirigente scolastico, a valutare il percorso teorico e pratico del candidato che effettua il tirocinio in quella scuola?

Si paventa da parte degli insegnanti un pericolo di corruzione e di clientelismo. Ma siamo sicuri che questo pericolo è evitato con la commissione esterna? Visto i contenziosi e i ricorsi degli ultimi concorsi, a me non sembra. La moralità è legata alle persone e non a meccanismi burocratici .

Come ha sottolineato Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli, l’insegnante deve avere conoscenze disciplinari ,ma anche capacità didattiche. E chi meglio del comitato per la valutazione degli insegnanti può stabilire se nel tirocinio fatto in quella scuola, queste capacità di gestione della classe ci sono ?

L’altro timore degli insegnanti è che in questo modo si dà  potere ai dirigenti scolastici di valutare gli insegnanti. Innanzitutto non è solo il preside a giudicare, ma un gruppo di insegnanti esperti.Si teme che questi insegnanti siano influenzati dal preside, facendo torto alla loro autonomia e intelligenza. Come già capitato con la campagna contro i presidi -sceriffi in occasione dell’ approvazione della legge 107, c’è una campagna denigratoria nei loro confronti imputandoli di autoritarismo. Ebbene ci sono vari tipi di leadership nella scuola, anche quella democratica, e non è giusto fare di tutto un’erba un fascio. Inoltre anche i dirigenti scolastici devono essere soggetti alla valutazione del loro operato, incrementando l’organico degli ispettori tecnici e ,se qualcuno sbaglia,sarà punito..

Il problema è che ancora una volta teoria e pratica nella scuola sono separate. Prendiamo ad esempio la formazione su cui punta il Recovery Plan. Si puniscono le scuole dove le competenze degli allievi sono più basse, obbligando dirigenti scolastici e insegnanti di quelle scuole a formarsi, come se fosse colpa loro e non del contesto sociale-economico e culturale in cui operano. Invece di dare più risorse economiche a queste scuole , più insegnanti, meno alunni per classe ,maggiore retribuzione al personale che vi lavora, le si umilia, non considerando che si trovano in ambienti difficili, a rischio di criminalità, devianza sociale e dispersione scolastica. La bacchetta magica diventa la formazione slegata dalla pratica: il bla bla.

La formazione dei docenti viene appaltata ad agenzie esterne, il che  significa annullare l’autonomia della scuola, limitare il ruolo degli insegnanti ad allievi che devono essere continuamente formati e si svaluta anche la formazione che diventa teorica, noiosa ed inutile. La formazione deve nascere dalla riflessione sulla pratica educativa ed è quello che manca e che porta la scuola a migliorarsi.

L’autonomia scolastica, mai realizzata appieno, deve valorizzare la funzione degli insegnanti esperti, intendendo non necessariamente quelli più anziani, ma quelli bravi e innovativi, che sanno proporre insegnamento cooperativo sia nella classe sia nella scuola. Gli insegnanti esperti, in questo senso, devono essere considerati dei formatori non solo per i docenti neoassunti ma per tutta la scuola, senza bisogno degli esperti di pedagogese.

Questi insegnanti devono certamente conoscere le teorie pedagogiche che sono all’avanguardia, ma sono i migliori formatori perché le applicano nella pratica dell’insegnamento.

Quindi non buttiamo il bambino (l’autonomia scolastica che valorizza tutto il personale della scuola) insieme all’acqua sporca (attribuire erroneamente l’autoritarismo di alcuni dirigenti scolastici all’autonomia ipso facto).

Eugenio Tipaldi

iscriviti

ISCRIVITI al nostro canale Youtube

METTI MI PIACE alla nostra pagina Facebook