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I docenti con basse valutazioni si devono aggiornare, per gli studenti di Economia “Tortuga” non è una punizione

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I docenti meno meritevoli e con basse valutazioni vanno sostenuti, dando loro la possibilità di aggiornarsi, coinvolgendoli in un piano formativo, benché obbligatorio, al fine di recuperare le carenze: ciò non costituisce una punizione, ma una strada di miglioramento personale, con influssi positivi per tutta la collettività scolastica. Replica così alle nostre osservazioni, il think tank di studenti e giovani laureati di economia “Tortuga” che insieme a Prodemos lo scorso 1° febbraio ha organizzato l’evento “La scuola 4.0: Tre proposte per continuare a cambiare la scuola”.

Cosa aveva scritto La Tecnica della Scuola

Con una lettera indirizzata al nostro direttore, Alessandro Giuliani, autore dell’articolo “Docenti dietro la lavagna, ai meno bravi aggiornamento obbligatorio e niente incentivi”, gli studenti di “Tortuga” negano l’accostamento delle loro idee al modello aziendale che, avevamo scritto, “con il contesto scolastico-formativo ha davvero poco a che vedere”.

Avevamo invitato Tortuga e ProDemos “a fornire adeguate precisazioni”. Anche sulla loro richiesta di “incentivare il giudizio delle famiglie e degli studenti (un po’ come chiedere ad un paziente se il medico che lo tiene in cura è bravo)” e di “chiedere il coinvolgimento di un ispettore provinciale e valutare il tasso di dispersione (come se dipendesse solo dalla scuola)”.

La replica è arrivata e la pubblichiamo qui sotto per intero.

 

La lettera degli studenti di “Tortuga” al nostro direttore

Caro Direttore,

Grazie innanzitutto dell’interesse per la nostra proposta. Siamo sempre grati di ricevere commenti nel merito e di poterci confrontare, soprattutto con insegnanti e esperti del settore.

Una premessa necessaria: il sistema di valutazione che auspichiamo è basato su due gambe, inscindibili. Da una parte la valutazione, per garantire il riconoscimento dell’impegno e stimolare il miglioramento in una dinamica sia personale che collettiva. L’altra è un aumento consistente degli stipendi per tutti gli insegnanti; guadagnano troppo poco per il ruolo cruciale che hanno e lo diciamo chiaramente. Procediamo quindi per punti sul resto. Il primo, forse più controverso, è quello legato alla formazione.

Non è nostra intenzione punire attraverso un maggior carico di formazione chi raccoglie i risultati più bassi nelle valutazioni. Al contrario, intendiamo creare un sistema di stimolo per l’insegnante che abbia mostrato carenze in un’ottica di continuo miglioramento, personale e collettivo, e non di punizione.

Del resto, ci sembra giusto che in un Paese nel quale il mancato riconoscimento del merito professionale è al centro del dibattito, agli insegnanti più meritevoli possa essere riconosciuto il maggiore impegno. Una nota finale ma importante: nel determinare chi è premiato e a chi è dato supporto, nella proposta teniamo conto del contesto di appartenenza dell’istituto: la scuola di periferia non è valutata rispetto a quella del centro ma all’interno di categorie omogenee e dei propri risultati raggiunti negli anni.

Veniamo al modello aziendale. La scuola non è un’impresa: non ricerca il profitto economico, né produce beni e servizi standardizzati. La scuola è sviluppo personale, arricchimento, scambio di competenze, crescita di nuove idee, innovazione, relazioni umane. Ma è d’altra parte vero che è necessario permettere a chi si distingue in positivo di procedere nella carriera e a chi ha più difficoltà di recuperare. Perché la scuola dovrebbe essere esente da innovazione, ed anche efficienza, nel suo funzionamento? Il sistema stesso di valutazione andrà valutato in itinere e aggiustato ove non generasse miglioramenti. Una valutazione non fine a se stessa, ma volta a ridurre le diseguaglianze oggi troppo ampie.

Il terzo punto riguarda gli aspetti di cui tenere conto nella valutazione degli istituti. L’obiettivo della nostra proposta è, come citato poc’anzi, creare una valutazione complessiva che si concentri su tutti gli aspetti dell’apprendimento.  Evitiamo così di dare una visione parziale del profilo dell’istituto (o dell’insegnante) e di creare incentivi che potrebbero spingere a un insegnamento mirato solamente ad un’alta prestazione negli indici. Il coinvolgimento di alunni e famiglie è in questo senso una dimensione aggiuntiva per delineare meglio e comprendere i risultati, anche se ovviamente i risultati vanno ponderati.

Per quanto riguarda la dispersione scolastica, questa di certo non dipende solo dalla scuola: proprio per questo la valutazione, lo ripetiamo, sarebbe contestualizzata rispetto alla realtà economica e sociale. Nel concreto: se la scuola avrà l’indice di dispersione scolastica migliore all’interno della peggior regione italiana per tassi di abbandono, verrà comunque premiata.

Nel complesso la proposta vuole quindi essere prima di tutto una valorizzazione degli insegnanti come categoria, e poi una valorizzazione dei singoli attraverso un sistema di premi e accompagnamenti al miglioramento. Per migliorare tutti, riconoscendo che delle differenze esistono e vanno valorizzate.