Docenti vittime del burnout, a 60 anni devono andare in pensione o fare i tutor: spopola la petizione Anief per uscire prima dalla scuola

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“Fino al 2012 nella scuola bastavano 36 anni di contributi per andare in pensione: una regola che vale ancora oggi per il personale delle forze di polizia e delle forze armate, che lasciano attorno ai 60 anni col massimo dell’assegno di pensione. Non si comprende per quale motivo per chi lavora nella scuola il riscatto della laurea non deve essere riconosciuto a livello gratuito e poi a partire da 60 anni non debba avere i ruoli di tutoraggio, figure che servono anche per accompagnare i nuovi insegnanti e il nuovo personale amministrativo, come previsto dall’ultima legge di bilancio”. Sono le parole pronunciate da Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, a colloquio con ‘La Tecnica della Scuola’, nel commentare la petizione promossa dal suo sindacato per mandare in pensione docenti e Ata della scuola a 60 anni, sempre più in alto numero sottoposti allo stress da lavoro correlato e alle patologie che ne conseguono.

“Chi lavora a scuola ha un burnout che non è pari al resto della pubblica amministrazione – ha detto Pacifico -: è assurdo pensare di rimanere fino a 70 anni, perché dagli ultimi dati dovrà essere aggiornata la speranza di vita degli italiani secondo le regole della Legge Fornero” e andrà sempre peggio.

Pacifico, per l’anticipo pensionistico e per il riscatto gratuito della laurea avete raccolto tantissime firme: oltre 100.000 in due mesi. Perché tanto consenso?

È qualcosa che è sconvolgente nella misura in cui abbiamo scoperto soltanto di recente che il personale delle Forze Armate delle forze di polizia per esempio continua a andare in pensione in media a 59 anni, mentre abbiamo più di 235.000 over 60 nelle nostre scuole, dove c’è un burnout che ogni giorno cresce sempre di più. Ci sono articoli di giornale che parlano del 35% del personale docente che vorrebbe licenziarsi, perché non è apprezzato questo lavoro, non è ben retribuito ed è diventato troppo burocratizzato. In più non c’è più quel rispetto che c’era prima. Bisogna cambiare, così come il riscatto gratuito della laurea: è un principio generale, per far sì che tutti quanti possano prenderla piuttosto che fuggire dalla laurea.

Ci sono le coperture economiche per il riscatto non oneroso degli anni universitari?

Quando nel 2019 è cambiata la norma si parlava di riscatto agevolato della laurea, ad esempio, c’erano dei dati che sostenevano che si poteva comunque fare e che non avrebbe avuto un impatto così devastante per le case dello Stato. La politica quando ha voluto ha finanziato Quota 100, ha finanziato il reddito di cittadinanza, oggi si chiama reddito di inclusione, addirittura ha portato deficit con il 110 per cento. Noi ogni mattina raccogliamo 1.000 firme in più: speriamo che un giorn di raccogliere un milione di firme, siamo convinti che se avessimo un milione di firme il giorno dopo ci sarebbe la legge.

Ma perché proprio la scuola dovrebbe derogare e anticipare rispetto ad altre professionalità?

Ma perché c’è un burnout che non è riconosciuto: per esempio, una insegnante trentenne oggi che lavora a scuola non andrà in pensione prima di 50 anni di contributi e quindi significa non prima di 70-72 anni. Sembrava una sorpresa, a un certo punto anche che era impazzito l’algoritmo dell’Inps ma in realtà non era impazzito, ma stava semplicemente adeguando le attuali regole.