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Fase due del lockdown: cosa succede nelle scuole europee in Belgio, Gran Bretagna, Polonia

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Gli insegnanti andranno a raccogliere la frutta durante il lockdown? Questa è stata la controversa proposta del ministro polacco per l’Agricoltura, Krzysztok Ardanowski, che durante un’intervista all’emittente radio RMF FM avrebbe risposto in questo modo al giornalista: “Faccio un appello a tutti i polacchi, ai giovani, anche agli insegnanti, affinchè vadano a lavorare nei campi”.

La sua affermazione ha immediatamente suscitato polemiche e dibattiti, soprattutto da parte dell’Unione degli Insegnanti Polacchi ZNP. “Ci sentiamo oltraggiati di fronte ad un atteggiamento pretestuoso e anche irrispettoso” hanno detto i rappresentanti dei docenti polacchi, che di recente hanno intrapreso una campagna per l’aumento dei salari e delle condizioni lavorative. Di fronte alla richiesta di scuse da parte del ministro Ardanowski, è intervenuto il premier Morawiecki, che ha considerato le affermazioni contestate come un episodio “sfortunato”, ricordano il valore educativo e sociale della professione docente. Dal canto suo il ministro contestato ha ribadito che il suo voleva essere un invito a lavorare i campi per tutti coloro che, liberi da occupazioni quotidiane, possano sostituire i tanti migranti che lavorano nell’agricoltura, spesso primo veicolo di contagio a causa della loro frequente mobilità.

L’inopportuna dichiarazione di Ardanowski arriva in un momento in cui Il ministro dell’Istruzione Piontkowski sta affrontando una fase difficile per il mondo dell’education, è stato infatti interpellato proprio in questi giorni, da quando due settimane fa le scuole polacche hanno riaperto, a proposito di test virologici e le misure di protezione per docenti e bambini.

In Belgio il dibattito è a proposito del rientro graduale degli scolari nelle aule. Il procedimento è iniziato il 15 maggio, quando in diverse aree gli studenti sono stati riammessi in classe, con il rispetto delle distanze sanitarie, docenti con mascherine e igienizzazione. Nella zona fiamminga del paese invece le scuole riapriranno soltanto il 2 giugno e le perplessità restano, infatti anche se il Ministero belga dell’Istruzione, in accordo con il GEES- Group of Expert in Exit Strategy – ha confermato che i piccoli scolari non sono soggetti all’infezione da COVID19, i sindaci di molte zone di questa area del paese sono perplessi sulle adeguate misure di sanificazione e sicurezza.

Infine, in Gran Bretagna non si fermano polemiche e dibattiti ormai accesi da settimane sulla riapertura ufficiale delle scuole, che dovrebbe, infatti avvenire già da lunedì prossimo 1° giugno.  A scendere in campo è questa volta il gruppo SAGE – Scientific Advisory Group for Emergencies, che ritiene pericolosa la riapertura, che andrebbe rimandata almeno di altre due settimane. David King, già presidente del Consiglio di Amministrazione di SAGE, ha affermato che tutte le ricerche da loro prese in considerazione dimostrerebbero come ritardare di qualche settimana potrebbe ridurre della metà il fattore di diffusione R, e andare fino a settembre migliorerebbe notevolmente il rischio del contagio. Galles e Irlanda del Nord hanno già deciso che le scuole non riapriranno il 1° giugno. Si legge ancora nel documento diffuso dal SAGE che vanno fatte valutazioni su molti aspetti legati alla sicurezza nella riapertura delle aule, per non doversi accorgere troppo tardi di eventuali nuovi problemi; una soluzione, si aggiunge ancora nel documento diffuso in questi giorni, sarebbe quella di privilegiare le aree esterne, come parchi e padiglioni.

I timori in Gran Bretagna sono inoltre molto alti per una nuova diffusione del virus nelle zone svantaggiate, dove le i nuclei familiari BAME (Black, Asian and minority ethnic) da cui provengono i bambini potrebbero rivelarsi per le condizioni di vita promiscua dei veicoli di nuova disseminazione.