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Fioramonti ministro: da sindacati auguri e richieste, Unicobas chiede che scuola esca dal pubblico impiego

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La nomina di Lorenzo Fioramonti a ministro dell’istruzione sta già dando occasione alle organizzazioni sindacali per gli auguri di rito ma anche per porre i primi problemi.
Secondo Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda, “tra le questioni prioritarie di cui Fioramonti è chiamato subito a occuparsi, sottolineiamo quelle del precariato e del contratto, entrambe oggetto dell’accordo siglato il 24 aprile”

Più generica la segretaria nazionale della Cisl Scuola Maddalena Gissi che twitta: “Bisogna Dare a istruzione, università e ricerca la centralità che meritano e a chi ci lavora un più giusto riconoscimento. Su questi obiettivi la CISL Scuola è pronta come sempre a un confronto costruttivo”.

Pino Turi, segretario nazionale della Uil Scuola, richiama una dichiarazione pubblica di Fioramonti che nelle scorse settimane si era dichiarato “saldamente contrario” all’autonomia differenziata.
Ma Turi parla anche di tre punti dirimenti su cui sarà attivato il confronto con il ministro: investimenti per dare dignità alla funzione docente, risoluzione del problema del precariato, assetto organico anche agli uffici di segreteria funzionali ad una buona didattica.

In totale controtendenza le considerazioni di Stefano d’Errico, segretario nazionale di Unicobas che rileva come fino a questo momento Fioramonti, pur avendo ricopero l’incarico di viceministro,  si sia occupato quasi esclusivamente di ecologia e sviluppo sostenibile senza mai esprimere posizioni di rilievo sulla scuola.
D’Errico non intende passare sotto silenzio le storture che in questi anni si sono accumulate nella scuola e che il nuovo Ministro dovrà affrontare: dalle aggressioni fisiche dei genitori ai docenti, alla “valutazione degli studenti con dei quiz che trasformano la battaglia di Azio nella battaglia di Anzio”.

E, sempre secondo Unicobas, ci sono situazione ancora più gravi di cui il Ministro si dovrà occupare: “Non è normale che gli insegnanti vengano valutati dai presidi che non sono formati per questo e che non vengono mai valutati. Così come non è normale che il Ministero abbia solo 100 ispettori (in Francia 7.000), e non controlli più dell’1% delle scuole private l’anno, mentre si vendono allegramente titoli di studio riconosciuti dallo stato fingendo persino la frequenza”.
Ma, ovviamente, per d’Errico le questioni centrali sono due: la regionalizzazione del sistema scolastico e l’uscita del comparto scolastico dalla “gabbia” del pubblico impiego decisa con il decreto legislativo 29 del 1993.

Da tutte le dichiarazioni di queste prime ore appare comunque chiaro che la sfida più difficile per il Ministro sarà proprio quella relativa alla “questione retributiva” che, per essere affrontata, necessita di investimenti importanti, nell’ordine di alcuni miliardi di euro.
Ma di questo si parlerà certamente nelle prossime settimane quando l’esecutivo si metterà al lavoro per scrivere la legge di bilancio per il 2020.