
Gli insegnanti e spesso anche i genitori ricordano ai giovani di non ‘postare’ mai sui social immagini o video che riproducono azioni discutibili o condotte fuori le righe. La richiesta, purtroppo, in alta percentuale viene elusa. Chi lo fa si prende il rischio che alla lunga, anche a distanza di anni, qualcuno (come un potenziale datore di lavoro oppure un selezionatore per l’accesso a nuovi corsi di studio) possa chiedere conto di quelle riproduzioni salvate in qualche profilo privato on line. Adesso, si scopre, che a volere saper come si gestiscono i social personali sono anche gli Stati ospitanti. Il Dipartimento di Stato americano, a questo proposito, ha fatto sapere che gli studenti stranieri che chiedono un visto per frequentare scuole e università statunitensi dovranno rendere accessibili i propri profili social: in tal modo potranno consentire ai diplomatici degli Stati Uniti di esaminare la loro attività telematiche prima di ottenere visti per motivi di studio o di scambio.
E sempre per chi chiede di formarsi negli Stati Uniti non sarà facile sottrarsi a questa richiesta, seppure discutibile: sempre il Dipartimento di Stato Usa ha spiegato che chi si rifiuterà sarà sospettato di voler nascondere tali attività alle autorità statunitensi.
L’incarico ai diplomatici Usa di esaminare la presenza online di chi fa domanda per individuare “eventuali segnali di ostilità verso i cittadini, la cultura, il governo, le istituzioni o i principi fondanti degli Stati Uniti”, è scritto, nero su bianco: è rintracciabile anche nelle nuove linee guida che regolano l’accoglienza degli stranieri.
I diplomatici, inoltre, saranno tenuti a segnalare qualsiasi “forma di propaganda, aiuto o sostegno a terroristi stranieri e ad altre minacce alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, nonché “sostegno a molestie o violenze antisemite illegali“.
“Il controllo delle attività ‘antisemite’ – scrive l’Ansa – rispecchia indicazioni analoghe fornite all’Ufficio per la cittadinanza e l’immigrazione degli Stati Uniti (Uscis), che fa capo al Dipartimento della Sicurezza interna, ed è stato criticato come un tentativo di reprimere l’opposizione alla condotta di Israele nella guerra a Gaza. I nuovi controlli sono rivolti a studenti e altri richiedenti visti delle categorie F, M e J, che comprendono l’istruzione accademica e professionale, nonché gli scambi culturali”.
“Gli americani si aspettano che il loro governo faccia tutto il possibile per rendere il Paese più sicuro, ed è esattamente ciò che l’amministrazione Trump sta facendo ogni singolo giorno”, ha dichiarato un alto funzionario del Dipartimento di Stato, aggiungendo che il segretario di Stato Marco Rubio “sta contribuendo a rendere l’America e le sue università più sicure, portando allo stesso tempo il Dipartimento di Stato nel XXI secolo”.