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Giannini non le manda a dire: docenti licenziabili e status quo colpa dei sindacati

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“Non dimentichiamo che un insegnante deve essere innanzitutto un buon insegnante. Più che valutare il merito bisognerebbe che ci fossero procedure trasparenti che permettano anche di licenziare chi non fa bene il suo lavoro”.Fanno arrabbiare i sindacati le parole del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, pronunciate al Teatro Al Massimo di Palermo. Anche perché, sul finire dell’intervento, il responsabile del Miur punta il dito proprio contro i rappresentanti dei lavoratori: “La scuola che vogliamo – spiega Giannini – deve essere una scuola che si mette in gioco. Perché non l’ha fatto fino ad ora? Non so, forse perché molto sindacalizzata”.

A stretto giro di posta arrivano, decisamente piccate, le risposte di Cisl e Anief. “Piuttosto che licenziare i docenti, si mandi via chi maltratta la scuola”, rimbrotta Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola. “C’è da rimanere francamente sconcertati per la superficialità e la gratuità di simili affermazioni, di cui si fa molta fatica a cogliere il senso”, spiega il sindacalista. “Ammesso, e non concesso, che sia questo il problema di cui soffre la nostra scuola, ma dove sta scritto che non si possono licenziare gli insegnanti? Quali norme lo proibiscono? Di quali speciali immunità – chiede Scrima – godrebbero i nostri docenti? Ce lo dica la ministra, perché a noi non risulta che le cose stiano così. Da sempre chi non fa il suo dovere o non è in grado di svolgere il suo lavoro può essere sanzionato: che questo debba avvenire a conclusione di procedimenti in cui sia riconosciuto il diritto alla difesa non ci sembra un privilegio, ma un principio di civiltà. E’ questo che la ministra intende per eccesso di sindacalizzazione?”

“E’ vero, nella scuola italiana si esprime una presenza sindacale particolarmente forte: lo dimostra – prosegue il leader Cisl Scuola – l’alto tasso di adesione alle diverse sigle, lo conferma il fatto che alle ultime elezioni per le RSU abbia partecipato al voto il 90% della categoria. Si può capire che la ministra Giannini non sia perfettamente a suo agio quando si parla di consensi ottenuti, ma siccome fa parte di un governo il cui premier non perde occasione di vantare il suo 41% di voti (sul 60% degli aventi diritto), abbia per i sindacati un po’ più di attenzione e di rispetto, evitando di chiamarli in causa a sproposito e prestando loro un po’ più di ascolto nelle sedi dovute”.

Altro che “remore e zavorre”: secondo Scrima, “se il crescente disagio in cui è costretto a lavorare il personale della scuola si esprime comunque in una dialettica costruttiva, e non in forme di ribellismo esasperato, forse un po’ di merito va anche a chi ne esercita la rappresentanza sul piano sindacale”. “Invece di sognare il licenziamento dei docenti e parlar male dei sindacati, la ministra si impegni piuttosto a verificare che le parole altisonanti riversate quotidianamente sulla scuola dal suo governo non siano contraddette così frequentemente dai fatti: in ultimo dalla legge di stabilità presentata in questi giorni, che alla scuola regala solo qualche instabilità in più, tagliando il personale ausiliario (altro che aumentare gli orari di apertura!) e togliendo ai dirigenti scolastici – oltre a un pezzo di stipendio – ogni supporto di collaborazione. L’impressione è che dietro agli slogan e agli effetti speciali di una “consultazione” ridotta a kermesse si nasconda il solito modo di (mal)trattare la scuola, senza alcun rischio di licenziamento, di troppi ministri e troppi governi”, ha concluso Scrima.

Non è da meno Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. Il “ministro Giannini vuole licenziare gli insegnanti? Prima ci sono i dirigenti, i direttori e i capo dipartimento del ministero: hanno responsabilità e producono danni alla macchina organizzativa decisamente superiori, e senza alcuna conseguenza”, dice il leader del sindacato autonomo.

“Se il Ministro vuole davvero migliorare l’efficienza al settore, faccia le dovute pressioni al Governo perché si innalzi lo stipendio dei docenti a livelli dignitosi e si alzi almeno un punto il Pil per l’istruzione. E poi si ricordi che il dipendente pubblico gode di uno status peggiore rispetto ai colleghi del privato”. Sempre secondo Pacifico “prima di auspicare l’introduzione di procedure che permettano di licenziare gli insegnanti della Scuola pubblica si pensi al licenziamento di dipendenti pubblici con responsabilità decisamente superiori ma che sino ad oggi si sono dimostrati intoccabili”.

Inoltre, “non si capisce quale restrizione ulteriore si possa attuare, visto che da oltre 10 anni i dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono essere licenziati per motivi legittimi. Il responsabile del Miur – conclude il sindacalista Anief-Confedir – impegni il suo tempo, piuttosto, a valorizzare i docenti, riportandogli lo stipendio almeno al livello dell’inflazione”.

Insomma, se queste sono le premesse per il confronto annunciato dallo stesso Ministro (per il 20 ottobre?) con gli stessi sindacati in vista del rinnovo contrattuale, c’è da pensare che il punto d’incontro tra le due parti sarà difficile da trovare.