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Gli studenti italiani dimenticati

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Al centro delle politiche scolastiche non ci sono gli studenti, costretti a subire la spiritata girandola di cattedre e insegnanti. Loro non hanno sindacati organizzati. A scriverlo sul Corriere, Gian Antonio Stella: i sindacati «fanno il loro mestiere» quando puntano a «tutelare gli interessi di lavoratori costretti a spostarsi per tutta la Penisola per inseguire il miraggio di un posto fisso, ottenuto il quale hanno il comprensibile desiderio di riavvicinarsi a casa» consentendo così «a un numero elevatissimo di loro di ottenere il trasferimento» anche se finiscono per creare un marasma.

Infatti, scrive Stella, gli studenti più di tutti pagano la giostra impazzita di insegnanti che, per quanto buone e perfino sacrosante possono essere le loro ragioni, causano danni gravissimi al percorso scolastico dei ragazzi. Non hanno sindacati organizzati, potenti e combattivi che scatenino le piazze o possano lanciare minacce come l’ultima sul referendum istituzionale del 4 dicembre: «Ce ne ricorderemo, della vostra Buona scuola!». Non hanno avvocati ferratissimi pronti a dar battaglia a colpi di carte bollate, anche collettivamente, davanti ai Tar regionali.

 

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Peggio ancora: non hanno alle spalle, quei bambini, quei ragazzini e quei giovani costretti a sopportare il tourbillon, neppure le famiglie. Meglio: è ovvio che moltissimi genitori (a partire da coloro che avrebbero bisogno di autentici insegnanti di sostegno), sono singolarmente preoccupati, anzi preoccupatissimi, per quel girotondo di cattedre che quest’anno ha coinvolto addirittura oltre 250 mila docenti.

Singolarmente, però. Non fanno massa. E non ce la fanno proprio a reggere la spinta, dall’altra parte, delle moltitudini di quanti non hanno come primo interesse la continuità didattica ma (comprensibilmente, anche) l’incubo di un trasloco magari a mille chilometri dopo vent’anni di precariato.

Ma in fin dei conti i docenti, chiede Stella, l’hanno fatto tutti, il proprio dovere? Dice l’ultimo rapporto Eurostat (dati 2014) che l’Italia, nonostante l’estremo bisogno di aggredire l’abbandono scolastico, recuperare larghe aree di degrado e devianza minorile, riscattare le impietose classifiche internazionali, è all’ultimo posto tra i Paesi europei nella quota di spesa pubblica destinata all’istruzione: 7,9% contro una media del 10,2%. Quando mai la nostra società, diciamocelo con franchezza, ha avuto davvero al centro la scuola e al centro della scuola lo studente?