Guai se i docenti perdono l’autocontrollo, lo psicologo a scuola li aiuterebbe: Rusconi (Anp Roma) spiega perchè

CONDIVIDI

Le reazioni scomposte di alcuni insegnanti alle provocazioni dei loro studenti ci dicono che “i docenti devono sempre avere una grande capacità di autocontrollo, con risposte proporzionate a quello che sta accadendo”. Lo sostiene Mario Rusconi, presidente Anp Roma, intervistato dalla Tecnica della Scuola.

Rusconi, sempre più insegnanti lavorano in classe in condizioni di disagio: perchè?

I docenti molto spesso sono abbandonati al loro destino: serve un supporto psicopedagogico nelle scuole, come accadeva fino a 20 anni fa. Occorre che nelle scuole si introduca lo psicologo: fornirebbe consigli e suggerimenti non solo ai docenti, ma anche agli studenti e ai genitori.

Cosa si può dire sulla proposta dell’Aran di inasprire le sanzioni verso gli insegnanti, anche da parte degli stessi dirigenti scolastici?

Sono d’accordo, anche se va ricordato che le sanzioni che vengono oggi irrogate agli insegnanti non è che siano poi così frequenti. Certo, gli episodi eclatanti finiscono ‘nell’occhio del ciclone’, in televisione e sui social, ma poi non sono così diffusi. Teniamo conto che fa più effetto un albero che cade che una foresta che cresce. Però, ripeto, la cifra distintiva della scuola italiana non è la scuola aggressiva o cattiva, ma è una scuola che cerca di capire.

Dopo il Covid, nelle scuole è stato riscontrato un chiaro arretramento sulle competenze acquisite e sull’accettazione delle regole da parte degli studenti: cosa si può fare?

Servono misure di largo respiro. La scuola dovrebbe essere aperta dalla mattina alla sera, prevedendo una serie di attività che fanno parte di quella cultura underground che non viene presa ancora sufficientemente in considerazione: cinema, teatro, musica, danza, grafica. Inoltre, i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati e inseriti in un dialogo scolastico che preveda che vi rimangano anche pomeriggio e sera. Invece di andare in giro a bighellonare, con i rischi che questo può comportare.

A proposito della volontà espressa da parte del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, di punire maggiormente i ragazzi “ribelli”, arrivando a fargli fare lavori socialmente utili, quale è la vostra posizione?

Già oggi, nello statuto degli studenti vi sono misure di questo tipo. L’importante è che siano sempre misure rieducative, mai crudeli e cattive. Posso portare molti esempi: ho avuto un ragazzo che aveva sfondato una porta, gli abbiamo chiesto di portarla a riparare da un falegname. Oppure ragazzi che hanno commesso atti piuttosto aggressivi nei riguardi di altri: per 15 giorni li abbiamo mandati alla Caritas a servire il pranzo ai poveri. Sono misure riabilitative, che devono anzitutto essere stabilite nello statuto degli studenti di ogni istituto.

Però in tanti hanno condannato le parole del Valditara: come mai?

Ho letto di giudizi su quello che ha detto il ministro di natura ideologica o politica, cosa che non ci caratterizza. Noi diamo giudizi di tipo professionale: andiamo a vedere l’efficacia o meno di certi provvedimenti. Di fatto, applicare queste sanzioni importanti è una possibilità che esiste da più di vent’anni e poi il bello autonomia è che viene declinata dalle singole scuole, le quali conoscono l’ambiente, i loro studenti, le famiglie. Quindi, nulla di nuovo. Mi sembra che in qualche caso ci sia stata la classica tempesta in un bicchier d’acqua.