
L’arcivescovo di Firenze, monsignor Gherardo Gambelli, nella sua omelia della Veglia pasquale, ha commentato il malessere dei giovani, con le sempre più allarmanti esplosioni di violenze, dettate dalla mancanza di reali prospettive di vita: “Anche nella nostra città registriamo purtroppo fatti violenti in cui si cede alla tentazione della legge della forza, piuttosto che ricorrere alla forza della legge. Episodi che non di rado vedono protagonisti i giovani che soffrono per la mancanza di prospettive e di orizzonti per il loro futuro. Raccogliamo la sollecitazione di Papa Francesco che ci esorta a preoccuparci per loro ‘Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire’. Facendo riferimento all’atteggiamento Pietro dopo la resurrezione di Gesù, al suo alzarsi e correre al sepolcro”.
Ma l’arcivescovo, riporta Ansa, ha pure spiegato che l’”alzarsi” vuol dire “imparare a prendere coscienza del fatto che siamo immersi in un’ideologia consumista che tende a diffondere nel mondo paure e diffidenza per rinchiuderci nell’individualismo e spingerci a fare sempre nuovi acquisti. Questo ci conduce spesso a dimenticare che la vera ricchezza è quella delle relazioni. Quando impariamo a sollevare lo sguardo, come fanno le donne al sepolcro, anche noi oggi possiamo vedere tante persone in abiti sfolgoranti, figure luminose che ci dicono con la loro vita: ‘Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto’. Anche qui vicino a noi: un prete settantenne che parte per la missione in Congo, una comunità di famiglie che ospita profughi dall’Afghanistan e dalla Siria, chi ogni giorno amorevolmente si prende cura di un bambino gravemente ammalato o di una persona disabile solo per fare qualche esempio di tanto bene che non fa rumore”.
“Abbiamo bisogno di un’intelligenza relazionale, oltre a quella artificiale ben sapendo che come affermava Papa Benedetto XVI la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli, solo vincendo la tentazione dell’isolamento, della chiusura in noi stessi possiamo superare le paure e gli inganni ed essere capaci di intuizioni, parole e gesti di speranza”.
Bisogna imparare, ha concluso l’arcivescovo di Firenze, “a saper dire grazie a tante persone che spesso nel nascondimento si impegnano al servizio del bene comune. Penso in particolare a quanti si spendono per educare tanti giovani che hanno perso fiducia nel futuro, sono disorientati, abbandonano la scuola e il lavoro, rischiano di cadere negli inganni delle dipendenze o di sviluppare atteggiamenti violenti“, a coloro “che non si stancano di difendere i diritti dei lavoratori a un impiego stabile e sicuro, soprattutto in questo tempo segnato da numerose crisi aziendali, anche nel nostro territorio”, “a quanti cercano di rispondere al problema dell’emergenza abitativa, mettendo a disposizione case per accogliere famiglie, chi non ha grandi possibilità economiche, chi cerca rifugio fuggendo da situazioni di guerra o di fame, o chi esce dal carcere e tenta faticosamente di reinserirsi nella società”.