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I prof del Sud affezionati al registro cartaceo? Ecco perché non è così

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Gentilissimi, solitamente vi seguo con interesse, e, altrettanto solitamente, lascio correre quando non condivido un’affermazione, ma questa volta proprio non ci riesco.
Leggere che i professori del Sud sarebbero affezionati al registro cartaceo (Fonte SKuola.net) e alla carta proprio no per più ragioni:

– se i professori non hanno la firma digitale, ne mi risulta siano obbligati ad averla, quale ufficialità riconoscere ai dati inseriti, benché in tempo reale, sul registro di classe e personale, posto che sono documenti amministrativi per i quali si presume il vero?

– come gestire gli obblighi in capo ai professori connessi con le eventuali, e si spera remote, situazioni di emergenza che possono verificarsi nel tempo scuola?

– aspetto ancor più significativo e inquietante: l’assenza di adeguate reti telematiche, connessioni veloci a fibra ottica, sopratutto nei centri periferici, rende di fatto impossibile assicurare ai professori stessi stabili, veloci e affidabili connessioni internet. Come pensate ci si debba connettere e comunicare, utilizzando i propri device?

– il programma nazionale dei PON sugli ambienti digitali ha cablato la stragrande maggioranza delle scuole, ma la rete interna di un istituto ubicato lontano dalle grandi città o in montagna, in assenza di uma linea telefonica e linea dati, a cosa serve se è isolato dal mondo?

Il mio papà, da bimba, mi raccontava di un tale che ogni qualvolta aveva qualche spicciolo, in attesa di avere la somma necessaria a costruire la propria casa, comprava una volta una porta, un’altra la finestra, un’altra ancora il legno per i sanitari e così via finendo per avere a distanza di qualche anno tutto ciò che è utile in una casa senza avere però la casa.

Forse l’autore dell’articolo vive in una realtà cittadina iperavanzata, o anche solo avanzata, e poco sa della realtà di tante scuole ubicate in piccoli centri privi anche della semplice linea telefonica.
Tanto per fare un esempio: un’Isiss con tre sedi distaccate, il mio, privo ancora oggi, 19 settembre 2017, nelle sue sedi distaccate anche della sola linea telefonica da utilizzare anche per le sole chiamate di emergenza e ciò nonostante un contratto stipulato con Tim Telecom che si è impegnata a garantire connessioni ADSL, badate bene, non fibra ottica, e linee telefoniche entro l’inizio delle lezioni che qui abbiamo quasi tutti anticipato all’undici settembre, nonostante i solleciti, le telefonate, le mail e, persino, i contatti personali.

Si avete letto bene: undici settembre! Certo potrete sempre accusarci di essercela andata a cercare a scegliere quale data d’inizio l’undici settembre, ma proprio non volevamo passare per i soliti superstiziosi e, invece, eccoci qui a lottare contro la jella, ma soprattutto contro i proclami gratuiti e gli articoli assolutamente razzisti e discriminatori. Se non è jella questa, cos’è?

Probabilmente il Sud e i suoi cittadini sono diventati quella sorta di pezza d’appoggio e di alibi che servono per giustificare l’indifferenza, quando va bene, che i nostri decisori politici da sempre mostrano verso il Sud, buono per i manifesti, le passerelle e i voti ma non per l’impegno vero.
Non me ne abbiano gli Africani o i brasiliani, ma neanche nell’Africa più profonda o nelle favelas brasiliane si vive in una situazione di abbandono così totale, di assenza di infrastrutture, non solo digitali, come in molte aree interne delle regioni del Sud.

Siamo gente operosa e paziente, ma l’operosità ha bisogno di condizioni favorevoli per manifestarsi e la pazienza aiuta ad alleviare l’incuria ma alimenta l’insofferenza e la voglia di mollare, di andar via…ma forse è esattamente ciò che ci si aspetta da noi genti del sud, …solo che amiamo valicare i confini nazionali e rendere grandi quei Paesi che, con l’ospitalità e l’accoglienza fondate su un serio regime di diritti e doveri, ci consentono di affermare i nostri talenti e di renderli ricchi di cultura e di economia, forse …forse è meglio che taccia ancora una volta, come ho sempre fatto.

Grazie per l’attenzione, ma lo dovevo ai miei professori, ai miei studenti e ai loro genitori.

di Filomena Rossi