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I sindacati devono conoscere come vengono spesi i soldi delle scuole

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Il Coordinatore della Gilda insegnanti Calabria interviene con questo comunicato per sottolineare la scarsa trasparenza dell’utilizzo dei fondi di Istituto, compresi i PON, POR e valorizzazione del personale docente, da parte delle scuole. I sindacati hanno diritto di conoscere come vengono spesi i soldi.

Comunicato FGU Gilda Insegnanti  Calabria

È politicamente corretto che un dirigente pubblico abbia a disposizione una cifra considerevole da gestire autonomamente senza dover render conto ai portatori di interessi (stakeholder) su come li ha utilizzati?
In quale settore della pubblica amministrazione si verifica? Tra i privati questo non succede, nella scuola si. Proprio cosi questo è quello che succede nelle scuole italiane.
Vengono assegnati alle scuole delle somme per:
• il Fondo di istituto che si aggira tra i 50- 100 mila euro per istituzione scolastica legato a dei parametri;
• il fondo per la valutazione dei docenti L.107/15 tra 18 – 25 mila euro per la premialità;
• Progetti PON, POR per portare avanti dei progetti specifici.
L’utilizzo di queste somme deve essere concordato con le RSU (che insieme al DS ne contratta i criteri e le somme) e comunque devono essere rendicontate a fine periodo tramite la consegna, a consuntivo, dei prospetti con le cifre ed i soggetti a cui sono state erogate.
Già nella fase di contrattazione si incontrano delle grosse difficoltà per la redazione del CII tra il DS e la parte sindacale, ma che comunque alla fine con grave ritardo sui tempi stabiliti si risolve; i problemi nascono quando deve essere consegnata la documentazione successiva con la rendicontazione di quello che è stato fatto ed a chi sono state erogate le cifre.

È dal 2000, quindi quasi 20 anni, che si redigono i CII e non è mai stata fatta un’indagine, uno studio uno stralcio di statistica che evidenzi se questo modo di gestire la scuola ha portato dei risultati positivi o ha solo inasprito il clima nelle scuole.
Trincerandosi dietro le norme sulla privacy (che nel caso non esistono, ma c’è solo l’interpretazione di un fatto accaduto con un dipendente dell’amministrazione carceraria da parte del Garante sulla Privacy) molti DS consegnano, dopo insistenza e non sempre, ai responsabili sindacali i prospetti con i dati aggregati non evidenziando le cifre che sono state corrisposte ai singoli.
Eppure, parliamo di cifre corpose, soprattutto se queste vengono concentrate sulle stesse persone cioè quello che accade nella realtà. Si riscontrano casi di collaboratori del DS che cumulano cifre di 10 – 15 mila euro, l’equivalente di più di mezzo stipendio, tra FIS, quota per il merito, e partecipazione a PON e/o POR, tutte quote che diventano anche pensionabili, ma questo non è uno scandalo, se suffragato da un impegno reale, lo scandalo è non dover rendere conto a chi di dovere come se queste fossero “soldi rubati”.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha decretato la corretta conoscenza da parte del sindacato di come, a consuntivo, sono state erogate le somme, malgrado tutto, il clima direi “omertoso” ancora regna sulla materia.
Ho sollecitato a dicembre un intervento del Garante sulla Privacy a chiarimento, mi ha risposto con una nota ARAN superata anche da un’ultima decisione del 19 marzo 2019 della Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che procede nella direzione del diritto alla conoscenza dei dati disaggregati da parte dei sindacati. Tutto tace. Nel frattempo, segnalo i fatti all’opinione pubblica.

Antonino Tindiglia