Home Archivio storico 1998-2013 Personale Ichino (Pd) fredda i prof: sull’orario di lavoro qualche ritocco ci sarà

Ichino (Pd) fredda i prof: sull’orario di lavoro qualche ritocco ci sarà

CONDIVIDI
La revisione dell’orario d’insegnamento degli insegnanti italiani va fatta. Certo, con tempi adeguati. E probabilmente nemmeno nelle dimensioni prospettate dal Governo, attraverso la prima bozza approvata dal Consiglio dei ministri e che tanto ha fatto discutere. Però la direzione è questa e non si può andare indietro. È questo il pensiero espresso da Pietro Ichino, senatore del Partito democratico e tra i più famosi giuslavoristi italiani, interpellato il 22 ottobre a margine di un convegno a Milano sulle norme relative alla scuola contenute nella legge di stabilità.
A proposito dell’ampliamento a 24 ore delle ore settimanali d’insegnamento, ha detto Ichino, “qualche ritocco ci sarà e credo che bisognerà pensare nel medio termine a forme di valutazione degli insegnanti per distinguere i trattamenti, sia sul piano economico sia normativo: già oggi ci sono gli insegnanti che fanno molto più di un tempo pieno e altri che fanno molto meno“. Cercando di interpretare la parole di Ichino, quindi, non si dovrebbe andare verso una stralcio della proposta delle 24 ore, ma verso un incremento più contenuto
La revisione dell’orario di lavoro, sempre secondo il senatore giuslavorista, coinvolgerebbe comunque anche altri comparti pubblici. “Questo – ha sottolineato Ichino – non è solo un problema della scuola, ma anche della giustizia e di altri settori“. Il riferimento è forse ai docenti universitari, anche loro ciclicamente additati come poco presenti sul fronte della didattica? E, in ogni caso, perchè si tenta di partire sempre dalla scuola, da cui perlatro negli ultimi quattro anni sono già state sacrificate tantissime risorse?
Più in generale parlando delle possibili modifiche alla legge di stabilità in Parlamento, Ichino ha concluso sostenendo che “il principio dei saldi invariati è un vincolo che conviene a tutti rispettare“. I risparmi chiesti alla scuola, non molto meno di 200 milioni di euro, dovranno quindi essere necessariamente prelevati dallo stesso comparto. Ai parlamentari spetterà proporre e votare da quale “voce”.