Home Generale Treellle e la valutazione del merito nel progetto della Buona Scuola

Treellle e la valutazione del merito nel progetto della Buona Scuola

CONDIVIDI

Il ministro Giannini ha da poco dato notizia che oltre l’80% di coloro che hanno partecipato alla grande consultazione su “La Buona Scuola” (BS) si è espresso per il riconoscimento del merito; ma al contempo costoro hanno chiesto che in ogni scuola si crei un’offerta di formazione permanente per migliorare la professionalità di tutti gli insegnanti.

Tuttavia per Treellle (e per l’OCSE) è necessario realizzare un terzo punto che è previsto ma non enfatizzato dal documento governativo. Infatti, se le scuole non sono aziende, sono comunque “imprese sociali” di elevata complessità che richiedono una “leadership distribuita”, comprendente il preside e un limitato numero di docenti di sua fiducia (“quadri intermedi”) impegnati nell’organizzazione dei servizi.

Su questi temi il progetto BS è innovativo: esso riconosce infatti ad ogni scuola, tenendo conto del suo contesto sociale, l’autonomia per decidere sia chi siano i docenti meritevoli sia quelli cui attribuire particolari funzioni. Tutte queste valutazioni e scelte vengono infatti affidate ad un Nucleo di valutazione della singola scuola del quale dovrebbero far parte il preside e due docenti (per TreeLLLe, specie in prima applicazione, potrebbero essere eletti dal collegio dei docenti), più una figura esterna di garanzia. Il Nucleo (rinnovabile ogni tre anni) opererebbe su tre versanti: attribuirebbe ogni tre anni al 66% dei docenti un riconoscimento economico permanente distribuendo solo fra costoro l’importo complessivo degli attuali scatti di anzianità che al momento sono uguali per tutti; individuerebbe, fra gli insegnanti i più apprezzati per le loro capacità didattiche e formative, i “mentori” incaricati di realizzare la formazione permanente (fino al 10% massimo); farebbe emergere i quadri intermedi (dal 5 al 15%, a seconda della complessità della scuola) che si farebbero carico di realizzare, insieme al preside, una “leadership distribuita”. Mentori e quadri intermedi avrebbero incarichi (e una significativa retribuzione aggiuntiva) temporanei e rinnovabili previa valutazione del lavoro svolto.

I vantaggi sono evidenti: se ci si accorgesse che il Nucleo ha sbagliato nella scelta, si potrebbe sempre tornare indietro in occasione della tornata successiva. Inoltre, tutti gli altri colleghi sarebbero sempre in tensione positiva, visto che le opportunità di incarichi di prestigio e retribuiti si rinnoveranno periodicamente.

Il modello previsto da BS realizza per la prima volta tre caratteristiche finora ignorate nel nostro sistema e che sono risultate vincenti in altri paesi: un concreto riconoscimento dei meriti professionali, un effettivo spazio per l’autonomia delle scuole e un decisivo apprezzamento alla flessibilità organizzativa.

In prospettiva, TreeLLLe indica un ulteriore sviluppo positivo: l’accesso alla funzione di preside dovrebbe essere riservato solo a chi ha svolto positivamente ruoli di mentore o di quadro intermedio: un modo per verificare preventivamente i requisiti attitudinali ( del tutto ignorati dal reclutamento attuale) che sono essenziali per dirigenti che di fatto occuperanno per tutta la vita, nel bene o nel male, quella posizione.

Tutto ciò richiede che un pò di risorse siano finalmente dedicate al personale meritevole così da migliorare la “qualità dell’insegnamento” nell’interesse degli studenti piuttosto che, come è finora avvenuto, per creare nuovi posti di lavoro.

Ma i soliti nemici della autonomia non si danno ancora per vinti: giungono notizie di spinte per spostare la valutazione del merito – qualora non si riuscisse a cancellarla – al di fuori delle scuole, tramite concorsi nazionali o territoriali. Con l’appendice di nominare a vita mentori e quadri secondo un modello di carriera rigido e immodificabile nel tempo.

L’ esperienza dovrebbe aver ben dimostrato che i concorsi sono costosi, lenti ed inefficaci, esposti a raffiche di contenzioso e comunque affidati a commissioni che non hanno conoscenza diretta della singola scuola, né un diretto interesse a scegliere i più idonei. Il principio di operare nomine a vita, poi, costituisce un doppio errore: toglie a tutti i non prescelti la tensione positiva a migliorare e preclude segnatamente ai più giovani la possibilità di concorrere a posizioni superiori, occupate a vita da chi vi è approdato per primo.

Una tale decisione, ove mai dovesse essere assunta, non terrebbe conto del fatto che non solo le persone cambiano nel tempo, ma che anche la scuola cresce e modifica i propri bisogni e non può essere trattata come un esercito da irreggimentare. Ancora, tenuto conto della elevata mobilità esistente, succederebbe poi che queste figure rigide, migrando da una scuola a un’altra, determinerebbero soprannumeri e/ o carenze nei vari profili necessari.