
“La leggibilità del compito non fa più parte dei criteri di correzione per l’attribuzione del voto”. È con un certo sconcerto misto a incredulità che nelle note ministeriali indirizzate alla commissioni degli esami di stato francesi (il Baccalauréat o più semplicemente il Bac) i docenti hanno letto questa e altre indicazioni simili. Tutte suggeriscono – secondo il quotidiano Le Figaro – una certa elasticità nel correggere gli errori di lessico e ortografia, ma anche di lettura e di organizzazione di un discorso.
Vero è che l’ortografia del francese è una tra le più complesse tra le lingue neolatine e che, come molti sostengono, è divenuta, nel tempo, un vero e proprio fattore di esclusione sociale: ne sono un esempio concreto le migliaia di ragazzi e ragazze immigrati di seconda o terza generazione, cresciuti nelle periferie urbane, che – anche se scolarizzati fin dalla scuola materna – hanno un’idea molto vaga della corretta ortografie di molte parole.
Ed è anche vero che a poco sono valsi i tentativi di ‘istruzione di massa’, come i campionati nazionali di ortografia creati dal celeberrimo giornalista e scrittore Bernard Pivot e realizzati dal 1985 al 2005. O tutti gli altri tornei su base regionale, locale, ma anche organizzati dal Ministero dell’Educazione nazionale, che ancora si svolgono in Francia.
Oggi, sostiene il quotidiano parigino, l’ortografia e – più in generale – l’abbassamento dell’asticella per quanto riguarda conoscenze e competenze richieste agli studenti in uscita dal liceo è un tema che mette tutti i docenti d’accordo.
Intervistata da Le Figaro, una docente di lettere coordinatrice delle commissioni di Baccalauréat si chiede a cosa servano i professori, dato che una certa pedagogia della benevolenza ha ormai preso piede a livello ministeriale. E si chiede anche se questo modo di valutare non sia da considerare una forma di violenza verso i docenti ma anche, e soprattutto, verso tutti quegli studenti che, dopo essersi preparati coscienziosamente , vedono che anche i loro compagni che non hanno studiato ottengono buoni voti come loro.
La docente va oltre, spingendosi a immaginare scenari ‘catastrofici’. Quale sarà la prossima tappa? Sostituire i professori con l’intelligenza artificiale? Fabbricare generazioni di analfabeti incapaci di esercitare una ancorché minima forma di cittadinanza attiva?
La realtà – conclude la docente – è forse ancora più dura: accettare questo gioco al ribasso significa di fatto disprezzare i giovani, un disprezzo che consiste nel non aspettarsi da loro nulla di buono.