Home I lettori ci scrivono Insegnamento della religione cattolica, una riflessione

Insegnamento della religione cattolica, una riflessione

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Lascia perplessi la risposta di Orazio Ruscica, segretario generale del sindacato degli insegnanti di religione cattolica, a quanto il giornalista radiofonico Gianluca Nicoletti avrebbe affermato durante una sua trasmissione (https://www.tecnicadellascuola.it/gli-studenti-non-vogliono-piu-lora-religione-la-polemica-radio24).

Secondo Ruscica l’IRC non avrebbe alcuna “connessione con il fascismo”. Non ha dunque mai sentito parlare dei Patti Lateranensi?

Secondo Ruscica inoltre l’IRC avrebbe una “portata scientifica”. Ma sulla base di quale bizzarra accezione dell’aggettivo “scientifico”? E come può una sapere scientifico avere carattere confessionale? Infine, se davvero di sapere scientifico si tratta, come mai a scuola è facoltativo?

A Nicoletti, che riporta i risultati di un sondaggio secondo il quale solo per il 7% degli studenti la religione è importante, Ruscica obietta che però ancora oggi quasi il 90% di tutti gli studenti continua a scegliere l’IRC, concludendone che essi “riconoscono comunque il valore dell’insegnamento”. Forse una spiegazione un po’ più realistica (e coerente coi risultati del sondaggio) potrebbe seguire dalla constatazione che le attività didattiche alternative continuano a essere negate o a essere implementate in modo precarissimo, mentre l’IRC è previsto comunque anche nelle classi in cui se ne avvale un solo studente (con tutti gli altri costretti a uscire dall’aula) e senza che siano possibili neppure accorpamenti.

Ruscica rigetta anche l’argomento dei costi del concorso, poiché i docenti che lo supereranno sono attualmente dei precari che già insegnano e non un costo aggiuntivo. Obiezione facilmente rovesciabile se si dovesse ritenere già ora improprio pagare coi soldi pubblici degli insegnanti scelti e valutati dalla diocesi. O se anche solo si considerasse l’incongruità di stabilizzarli per il futuro a dispetto della discrezionalità delle valutazioni diocesane, della natura facoltativa dell’insegnamento e del progressivo calo di studenti che scelgono l’IRC. Non a caso fino a quindici anni fa gli insegnanti di IRC erano tutti, in quanto tali, necessariamente precari e ben consapevoli di esserlo.

Ruscica si richiama alla legge 186/2003 istitutiva di questo genere di strani concorsi, ma non chiarisce né che i candidati non vengono esaminati sui contenuti specifici del loro insegnamento ma soltanto su genericità didattiche (art. 3 c. 5), né che se i vincitori di concorso dovessero perdere l’idoneità (per decisione della curia o per calo di studenti avvalentisi dell’IRC) potrebbero ricorrere alla mobilità o a diversa utilizzazione (art. 4 c. 3), scavalcando altri aspiranti meglio qualificati. Il tutto nel silenzio assordante del resto del mondo sindacale.

Ci si lamenta spesso che la scuola italiana, per i sindacati ma non solo, sembra servire non tanto agli studenti quanto a chi aspira a un posto fisso facile, in genere si dimentica però che questo è particolarmente vero per chi possiede la raccomandazione del vescovo.

di Andrea Atzeni