Home Politica scolastica L’altra faccia della classifica delle scuole della Fondazione Agnelli

L’altra faccia della classifica delle scuole della Fondazione Agnelli

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E’ un altro modo per dire del lavoro quotidiano di tanti docenti in gamba, della loro sensibilità e disponibilità verso i giovani di oggi, come quella dei presidi che li coordinano. Queste indagini sono sempre più importanti (come le prove Invalsi e Ocse-Pisa sugli apprendimenti) perché è giusto che gli utenti, cioè i ragazzi e le famiglie, come anche tutto il nostro tessuto sociale, siano in grado di scegliere il meglio per il loro futuro.

Però, se entro più nel merito, vedo anche che l’obiettivo di queste indagini non può essere limitato alle sole medie dei voti delle superiori e ai risultati universitari, perché essenziale è la riuscita nella vita, sapendo che non ci sono, oggi, più cordoni ombelicali tra formazione e lavoro. In poche parole, altre, e magari più complesse, sono le attitudini richieste una volta usciti dai canali formativi. Attitudini che sfuggono a tutti gli algoritmi: per questo più importanti sono i dati di Alma Diploma e di Alma Laurea.

Nelle indagini sulla qualità della vita, lo sappiamo, non basta il riferimento al solo PIL, così nella qualità della scuola non basta dare un’occhiata ai crudi risultati di apprendimento. Una scuola vuole puntare solo a quelli? Semplice, basta seguire la logica darwiniana dei “pochi ma buoni”, cioè la iper-selettività. Ma una società democratica chiede altro, non la sola selettività.

Scopo della scuola, cioè, non è quello di selezionare, ma di accompagnare i nostri ragazzi verso la scoperta di sé, quindi anche dei propri talenti, attitudini, sensibilità. Dunque, in questo cammino, vale il progress, vale il “valore aggiunto” che in classe riusciamo a maturare assieme ai nostri studenti. Non la sola performance fine a se stessa, non la competizione fine a se stessa.

Perché, lo ripeto, il nostro riferimento è la vita, non la compilazione di qualche statistica, cioè il rispetto di qualche matematismo. Per questo, oltre a questi dati, sono importanti e imprescindibili oggi le valutazioni sull’intero servizio che una scuola è chiamata ad offrire (valutazione ed autovalutazione): tutti valutati perché tutti responsabili di un “servizio pubblico”.

Nelle nuove prove Invalsi, per la valutazione degli apprendimenti, è il “valore aggiunto” che viene misurato, non il risultato fine a se stesso, cioè la differenza tra situazione di partenza e risultati di apprendimento nel frattempo conseguiti. E’ su questa cruna dell’ago che troviamo i migliori docenti, perché è facile insegnare ai più bravi, più difficile è far maturare (possibilmente tutti i ragazzi) verso la consapevolezza di una responsabilità, quella che riconosce la formazione come punto di Archimede della domanda di futuro delle giovani generazioni.

Con questo non voglio sminuire i risultati fatti emergere dalla Fondazione Agnelli. Ed è bene che questi dati vengano messi in circolo, per orientare i ragazzi e le famiglie. Ma questi stessi dati non vanno assolutizzati, ma mediati con una complessità che non sempre emerge dalle indagini statistiche. Le quali raramente toccano il cuore della vita della scuola.