
Il rap in classe? Si può fare e se è proposto da un rapper, ancora meglio, soprattutto se si tratta di Amir Issaa, 47 anni, rapper romano cresciuto a Torpignattara, padre egiziano e madre italiana, ma appassionato di questo genere musicale già da piccolo, quando inizia a scrivere testi anche per allontanare le paure che lo affliggono, avendo subito ingiurie per essere comunque considerato straniero e per la carcerazione del padre.
Oggi è rapper affermato e molte scuole lo chiamano perché si è capito che la fusione tra ritmo e poesia, da cui l’acronimo, Rap, Rhythm and Poetry, può far scoprire negli alunni il potere delle parole, quelle che rendono gli uomini liberi e capaci di esprimere ciò che sono, ciò che sentono e ciò che li circonda.
La parola insomma che tolse il Caos dal creato, quando Dio nominò ciascun elemento che lo componeva, la parola che è anche termine, in assimilazione con la pietra di confine, il terminus appunto, quello amato dagli umanisti e che separa sia gli stati e le proprietà, sia le cose, dandole significato. Il termine di un confine, dunque dal quale però si riparte. E il rap, in qualche modo, ha questa grande valenza, di fare delle parole significato e ritmo, come è d’altra parte nel senso stesso della poesia che è musicalità innanzitutto, a cui si aggiungono le note e lo strumento ma anche il canto, e attraverso contenuti che vogliono denunciare le ipocrite malevolenze di una parte della società, bacchettona, ipocrita, svogliata e perfino razzista.
Ma scoprendo il Rap, Amir Issaa ha visto pure la sua vita trasformarsi, cosicché da artista è diventato pure educatore, maestro, ben capendo la valenza didattica del Rap che può aiutare ad analizzare i contenuti curricolari, assimilandolo ad altre forme letterarie come appunto la poesia con le allitterazioni e le rime, insieme alle complesse ma gioiose metriche e tra strambotti e sonetti, ditirambi e canzoni.
Con questo libro, edito da Erickson, “Rap in classe. Strumenti e percorsi per la scuola secondaria”, 17,50 €, Amir Issaa conduce i ragazzi dalle aule ai laboratori musicali di un carcere, raccontando le storie di coloro che in quella condizione hanno, attraverso questo genere musicale, riscattato il loro debito, mentre indicano agli insegnanti come presentare certi contenuti ai loro alunni, usando un’arte che finora è stata solo retaggio dei giovani delle periferie, i quali attraverso di essa hanno però tentato di trovare un modo diverso per esprimersi, lottando contro quell’isolamento che li ha oppressi.
Il Rap infatti, non è solo musica, ma è narrazione, identità e Amir Issaa ora lo ha pure trasformato in strumento didattico, cosicchè “Rap in classe” diventa un singolare e avvincente viaggio nelle aules colastiche, dopo essere uscito dai laboratori nelle carceri. Un mezzo per esprimere se stessi e anche un ponte verso i contenuti scolastici: una forma narrativa che si affianca alla poesia, alla letteratura e forse pure alla matematica.
All’interno di questo singolare libro si trova anche una introduzione alla storia del Rap, del suo rapporto con la cultura Hip Hop e del ruolo che fin dagli Settanta svolge nelle battaglie per i diritti civili da quelli delle minoranze, a quelli delle donne. Una riflessione sul linguaggio del Rap, sulle sue strutture, sulla metrica, sul lessico. Una sezione di laboratori con attività da proporre in classe per conoscere il Rap come forma narrativa e raccontare di sé, sintetizzare ed esporre i contenuti appresi, confrontarsi con i compagni presentando e sostenendo la propria tesi su un tema scelto.
