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“La scuola che vorrei”?

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Validità e grandezza dei sondaggi, come quelli implementati dall’ex ministro Francesco Profumo, ai quali rispondeva anche D’Artagnan e Napoleone Bonaparte. Inoltre i temi su cui la ministra interroga gli italiani sono tanti: la carriera dei docenti, l’autonomia scolastica, il ciclo di studi, i programmi, le materie, gli stage, la rivoluzione digitale e il cruccio antico e pesante della valutazione interna. Dove si troverà più sale, lì si condirà la minestra?
Ma se la “scuola riparte” anche la ministra dovrebbe partire e innanzitutto per capire com’è questa faccenda dello scatto di anzianità, della mancata sottoscrizione del contratto dal 209, del furto sulla retribuzione dei supplenti, del turbinio dei precari, di un concorso malfermo, mentre le scuole perdono soffitti e pareti e troppi docenti, sull’onda anomala di una riforma “epocale”, cattedre e sede.
Ma dovrebbe pure partire, e questo consiglio glielo vogliamo sussurrare, col piede giusto, evitando che questa sorta di consultazione popolare sulla scuola diventi un referendum popolare basato però sulla sconoscenza effettiva dei problemi della scuola. E il precedente non manca, visto che vi intervenne perfino Voltaire, e dove le domande erano così contorte e così ben modellate, secondo modelli leggibili all’intenzione di chi li aveva redatti, da risultare una sorta di divertissement esercitativo e per passare qualche tempo in un piacevole otium di democrazia diretta.
Ma le vorremmo pure consigliare di trovare innanzitutto i soldi per la scuola, andando per esempio a verificare quanto oggi su Libero scrive Franco Bechis che denuncia una imbarazzante coincidenza sui manager di Palazzo Chigi:
Stipendi dei top manager cresciuti in media del 25-30%, quelli delle seconde fasce del 10-15% fra il 2011 ed oggi. Il dato clamoroso è ottenibile confrontando la tabella degli emolumenti nella sezione trasparenza del sito Internet del governo alla fine del governo di Silvio Berlusconi con quello più recente del governo Letta. 
La tabella di Libero: