Home Politica scolastica La scuola sta pagando dazio, ma noi lo avevamo previsto

La scuola sta pagando dazio, ma noi lo avevamo previsto

CONDIVIDI

È antipatico dirlo e soprattutto ricordarlo, ma in un articolo del 17 marzo scorso noi avevamo previsto che, dopo le elezioni europee, la scuola avrebbe pagato dazio. Non c’era bisogno del fenomeno Reggi, solerte sottosegretario all’istruzione, per comprendere quale sarebbero state le intenzioni del governo Renzi  sulla scuola pubblica italiana, all’indomani della vittoria alle elezioni europee.
Forse non siamo stati creduti, quando affermavamo che le vere scelte politiche sulla scuola sarebbero avvenute dopo le elezioni, per evitare che dalle urne potesse arrivare qualche sgradita sorpresa. Questo fa stare male tutti quegli insegnanti elettori del PD che hanno creduto in buona fede ad una politica governativa in cui si poneva, almeno a parole, la scuola e i suoi docenti al centro dell’agenda politica. Purtroppo la verità è amara e l’ora in cui la scuola è chiamata a pagare dazio è giunta. Prima delle elezioni sentivamo esimi esponenti del PD dire: “La scuola è una priorità ed è necessario restituire valore sociale ai docenti”, oggi si parla insistentemente di taglio di un anno di scuola (presumibilmente il taglio riguarderà le scuole secondarie di secondo grado), di flessibilità dell’orario degli insegnanti fino alle 36 ore di servizio settimanale, di riordino degli organi collegiali sulla falsariga di quanto disposto dal decreto Aprea-Ghizzoni.
Eppure noi, in tempi non sospetti, avevamo alimentato qualche dubio su quello che sarebbe toccato al nostro sistema scolastico. Il sospetto era che il rottamatore fiorentino, dopo le temute elezioni di maggio, avrebbe tentato  di rottamare la scuola pubblica, avviando quelle riforme che né Monti e né Berlusconi erano riusciti a fare. 
Avevamo anche annunciato quali sarebbero stati i temi che avrebbero riguardato le riforme sulla scuola. Abbiamo detto che si sarebbe tentato di introdurre la valutazione meritocratica dei docenti, la formazione obbligatoria degli insegnanti, la super autonomia scolastica in capo ad una sola persona (il DS), la riduzione di un anno dell’istruzione secondaria di secondo grado, la riforma degli organi collegiali e per concludere la flessibilità degli orari di servizio degli insegnanti.
Quanto da noi pronosticato è stato puntualmente confermato in questi giorni dalle continue dichiarazioni, a mezzo stampa, del sottosegretario all’istruzione Reggi. Non siamo né delle “cassandre” né tantomeno dei “maghi”, ma è la naturale conseguenza politica di avere voluto scegliere come successore di Maria Chiara Carrozza , al Miur, la senatrice di Scelta Civica Stefania Giannini.
Bisognava aspettarselo che si sarebbe arrivati a questo punto, e forse qualcuno inaspettatamente è anche contento di queste riforme. La cosa che sta creando disappunto in molti insegnanti è che questa riforma ha il sapore di un vero e proprio taglio di spesa, fatta dal partito democratico, sulle spalle di famiglie, studenti e soprattutto insegnanti. Forse per il disappunto crescente di moltissimi insegnanti, stiamo assistendo ad un ridicolo gioco delle parti, di chi prima rilascia un’intervista su Repubblica  spiegando , con estrema puntualità, in cosa consiste il decreto di riforma della scuola, e poi  in un secondo momento dice che il giornale “La Repubblica” ha travisato il senso dell’intervista. Tutti hanno capito tutto, noi lo avevamo capito già nel  marzo scorso.