Home Politica scolastica La testimonianza, perché dico grazie alla Tecnica della Scuola

La testimonianza, perché dico grazie alla Tecnica della Scuola

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Sono decine le lettere che ogni giorno la nostra redazione riceve. Tra queste, ve ne è una che riassume al meglio cosa rappresenta “La Tecnica della Scuola”.

È stata scritta da un dirigente ministeriale, oggi in pensione, che nel raccontare la sua lunga gavetta, iniziata come studente lavoratore negli anni Cinquanta, coronata dal ruolo di ispettore tecnico, ricorda come il nostro giornale lo ha affiancato e sostenuto per tutta la sua carriera.

Proponiamo, qui di seguito, il suo racconto ai nostri lettori. In particolare, invitiamo i più giovani a leggerlo: potranno cogliere cosa ha rappresentato e rappresenta ancora oggi, con la versione gratuita on line, la nostra testata giornalistica per chi opera nella scuola italiana.

 

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Sono catanese. Negli anni cinquanta del secolo scorso ho frequentato l’Istituto Magistrale “Lombardo Radice” come studente-lavoratore.

Questo termine non si usava. Lavoravo di notte e di mattina seguivo regolarmente le lezioni del turno unico (8,15 -14,15). Diciottenne, non appena diplomato, mi trasferii in Sardegna per motivi di lavoro.

Proseguii gli studi e cambiai più volte lavoro. Negli anni settanta entrai nel mondo della Scuola, prima come supplente-temporaneo, poi come incaricato a tempo indeterminato, di ruolo come docente, preside e, infine, ispettore tecnico. La premessa autobiografica è utile alla comprensione di questo singolare ricordo legato a “La Tecnica della Scuola”.

Nel 1976-77, preside incaricato in un Istituto Magistrale nonché rappresentante di una associazione di professori di lingue, con decreto ministeriale fui nominato direttore di un corso di aggiornamento per cinquanta docenti di lingue straniere.

Allora, nell’ordinanza annuale per incarichi e supplenze era allegata una tabella delle valutazioni dei titoli. Per i neo-laureati erano determinanti il voto di laurea e la eventuale frequenza di corsi di aggiornamento.

Per ciascun corso erano attribuiti punti 0,50. Comprensibile era l’interesse di quelli che si affacciavano al mondo della Scuola per la conquista di un attestato di frequenza di uno o più corsi. Concordai con il Provveditore agli Studi di Cagliari le modalità di svolgimento (dodici incontri con docenti universitari e professori di ruolo di lingue) e posi particolare attenzione alla attestazione di frequenza per la quale feci stampare cinquanta eleganti diplomi.

Con la collaborazione di una professoressa di calligrafia feci scrivere i nominativi dei cinquanta partecipanti con luogo e data di nascita. I diplomi furono firmati da me e dal Provveditore e muniti di timbro a secco.

Con un comunicato-stampa fissai il luogo e la data di consegna dei diplomi: 22 febbraio 1978, alle ore 17.

Poco prima dell’ora fissata ricevo a scuola una telefonata. La mia bambina mi informa che nonno, mio padre, era deceduto a Catania. Faccio in tempo a fare il biglietto aereo per l’ultimo volo della sera ma non vengo meno all’impegno della consegna degli attestati ai partecipanti al corso. Consegno i diplomi e parto.  Il giorno successivo, dopo il funerale, faccio una passeggiata per via Etnea a Catania.

All’edicola compro una copia de “La Tecnica della Scuola”, fresca di stampa. Apprendo così che con la nuova ordinanza per gli incarichi e supplenze non erano più previsti punteggi per la frequenza dei corsi di aggiornamento.

Questo episodio mi è venuto in mente leggendo la nuova bozza del concorso per dirigente scolastico. Le sorprese non finiscono mai. Rendo omaggio a “La Tecnica della Scuola”, da vari decenni utile e informata pubblicazione.

Adolfo Valguarnera

(dirigente superiore per i servizi ispettivi del Miur – a riposo)

 

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