Home I lettori ci scrivono L’arretratezza culturale della politica scolastica contemporanea

L’arretratezza culturale della politica scolastica contemporanea

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La scuola italiana ha un comportamento simile a quello di uno studente impreparato: i vicini di banco sono la sua risorsa informativa.

La certificazione delle competenze sia d’esempio. Problematica introdotta per rispondere a una sollecitazione europea; anche la definizione di “competenza” è stata mutuata da un’elaborazione comunitaria.

Nel 1949 decine di psicologi e insegnanti, coordinati da Benjamin Bloom, costatata la soggettività delle valutazioni scolastiche, hanno proposto una tassonomia [1956] per uniformare i criteri di giudizio delle prestazioni degli studenti.

Si tratta di un’organizzazione gerarchica che scandaglia tre aree: cognitiva, affettiva e psicomotoria.

Si tratta di un’efficace piattaforma per definire gli obiettivi dell’insegnamento.

Il primo blocco “padronanza” riguarda l’istruzione, l’interazione con le diverse materie di studio; gli altri due blocchi riguardano l’educazione, la promozione e il consolidamento delle qualità intellettuale degli studenti.

I traguardi educativi sono traguardi di sistema: tutte le componenti della scuola, sinergicamente, concorrono al loro perseguimento. Il DPR sull’autonomia scolastica del ’99 ha formalizzato tale assunto orientando la gestione della scuola alla ”Progettazione e realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti” .

Per PROGETTAZIONE è da intendere:

  • La circostanziata descrizione dei risultati attesi;
  • L’analisi del campo e formulazione d’ipotesi;
  • Il reperimento di quanto necessario;
  • Il disegno delle strategie;
  • L’applicazione della strategia e l’ottenimento risultati;
  • Il feed-back – estrazione delle informazioni contenute nello scostamento risultato atteso-risultato conseguito per migliorare il servizio.

 

Per FORMAZIONE è da intendere l’esplicitazione delle caratteristiche dell’ambiente socio-economico-culturale con cui gli studenti interagiranno: aspetti che orientano i processi educativi e dell’istruzione.

La piramide organizzativa che appare in figura è il fondamento della struttura decisionale introdotta dai decreti delegati del 74:

  • Il Consiglio di istituto sovraintende al rapporto scuola-società: prima de “la buona scuola” “elaborava e adottava gli indirizzi generali”, facoltà oggi esercitata approvando il PTOF;
  • Il Collegio dei docenti “programma l’azione educativa” per far evolvere le capacità sottese ai traguardi indicati dal Consiglio di istituto;
  • Il Consiglio di classe garantisce la convergenza degli insegnamenti;
  • I docenti predispongono occasioni d’apprendimento sia per conseguire i traguardi collegialmente individuati, sia per trasmettere una corretta immagine della disciplina insegnata.

 

Come hanno operato i parlamentari di quest’ultimo decennio per corroborare questo quadro scientifico-normativo che le scuole non hanno mai realizzato?

2008 – Camera dei deputati – proposta di legge del deputato Aprea: “La riforma degli organi collegiali della scuola degli anni settanta ha cercato di superare il centralismo dello Stato, ma ha mostrato, quasi subito, tutti i suoi limiti. I poteri riconosciuti agli organi collegiali sono stati di fatto esautorati dall’eccessivo formalismo centralistico e dalla limitatezza delle risorse, e ciò ha determinato una continua deresponsabilizzazione della componente dei genitori e l’affievolirsi della loro partecipazione” .

Art. 3 Gli organi delle istituzioni scolastiche sono:

  1. a) il dirigente scolastico;
  2. b) il consiglio di amministrazione;
  3. c) il collegio dei docenti;
  4. d) gli organi di valutazione collegiale degli alunni;
  5. e) il nucleo di valutazione.

 

2015 – Legge 107 – Sistema nazionale di istruzione e formazione. La finalità educativa, prevista dalla legge 53/2003, è stata depennata, sostituita dall’aggettivo nazionale.

Enrico Maranzana