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Le polemiche del dopo-sciopero

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Difficile fare una valutazione precisa sulla reale partecipazione della scuola allo sciopero di venerdì 17.
E’ vero che a Roma la manifestazione è stata imponente come non si ricordava da tempo ma è anche vero che lo sciopero riguardava tutte le categorie pubbliche e private.
Come sempre i dati divergono: secondo il Ministero dell’Istruzione l’adesione sarebe stata del 4%, mentre Cobas e Cub parlano di percentuali a 2 cifre e di scuole chiuse nelle grandi città (Roma, Milano, Napoli e Palermo soprattutto).
Al di là dei numeri resta comunque il fatto che la scuola ha avuto visibilità e quasi tutti i giornali di sabato 18 mettono in prima pagina la protesta di docenti, genitori e Ata nei confronti dei provvedimenti del Governo.
Il dopo-sciopero è però carico di polemiche, anche per le dichiarazioni del presidente Napolitano che ha scelto proprio la giornata di venerdì per affermare che ”bisogna cambiare anche nella scuola e discutere dei cambiamenti da fare” sui quali ”si puo’ essere d’accordo oppure no”; ma, ha aggiunto il Presidente, ”non bisogna dire solo dei no e farsi prendere dalla paura”.
Sulle parole del Capo dello Stato è immediatamente intervenuto Piero Bernocchi, portavoce nazionale di Cobas-Scuola, che ricorda che il “popolo della scuola” sta dicendo anche molti sì e non solo dei no: “Sì a massicci investimenti nella scuola pubblica, sì alla massima accoglienza di migranti e portatori d’handicap, sì a significativi aumenti salariali e sì alla assunzione dei precari”
E, memori del detto che il ferro va battuto finché è caldo, gli animatori del frequentatissimo Forum PrecariScuola suggeriscono al Ministro un vero e proprio decalogo da seguire per reperire le risorse necessarie al rilancio del sistema scolastico: si va dalla sacrosanta (ma difficile) lotta all’evasione fiscale fino alla classica riduzione delle spese militari e alla eliminazione dei finanziamenti alle scuole private (proposta sulla quale non sarebbe però d’accordo neppure l’opposizione); passando attraverso il taglio di comunità montane, province e parlamentari, tassazione dei beni ecclesiastici e abolizione dell’8 per mille per la Chiesa.
E c’è anche una semplice ricetta per contribuire al rilancio dell’economia: “Invece di prevedere finanziamenti da dare alle banche in crisi, prevedere finanziamenti per assumere i precari: si otterrà un immediato aumento dei consumi interni che potrà salvare il Paese dalla grave crisi economica in corso” .
Intanto confederali, Snals e Gilda si preparano a scendere in piazza il 30 ottobre.
Dopo i tentennamenti dei giorni scorsi, la Cisl sembra decisa a non tornare indietro e proprio nelle ultime ore il segretario confederale Bonanni ha ribadito che sullo sciopero del 30 non ci sono dubbi.