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Lettera di una maturanda

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Sei riuscito a sederti sul treno o sull’autobus? Con chi hai chiacchierato aspettando il suono della campanella? Di cosa avete parlato in classe? Che lezione hai ascoltato? A ricreazione con chi sei stato? Cosa hai mangiato? Sei stato alla macchinetta? Hai incrociato la bidella o il bidello nell’atrio? Hai salutato quando finalmente è suonata la campanella?

Perché quello non è stato un banale mercoledì del quinto.. è stato l’ultimo giorno di scuola della tua vita. E tu non lo sapevi.
È stato come giocare la tua ultima partita senza la consapevolezza che è l’ultimo fischio di inizio che senti, l’ultima possibilità di fare goal e festeggiare tutti insieme.. se sapessi che si tratta della tua ultima partita non vorresti dare il meglio e dare un caloroso addio ai tifosi? O se fosse la tua ultima gara, non vorresti sapere che è l’ultima volta che togli il costume, le scarpe da ballo, i guantoni, i pattini, gli sci, la cintura e goderti quel momento che ti resterà impresso nella memoria per sempre?
In fondo sei stato a scuola circa 200 giorni l’anno per 16 anni su 19. Non è poco, direi!

E senza preavviso, ora sai che non tornerai più fra quei banchi, dove hai conosciuto te stesso e altre persone che ti hanno cambiato come compagni di classe e prof o che ti hanno semplicemente migliorato la giornata con piccoli gesti come i bidelli che sono stati i migliori complici.. non ci saranno più incontri per i corridoi o a ricreazione con le persone con cui hai legato o le occasioni di vedere chi ti piace fuori in giro per la scuola, non ci saranno più progetti e conferenze tutti insieme, momenti di vita in classe, dibattiti, festeggiamenti per le ore di supplenza, solidarietà per compiti in classe e interrogazioni, risate, assemblee, pianti in bagno, colazioni al bar fuori scuola, croccantelle, taralli, quella cioccolata calda che sa di tutto tranne che di cioccolata calda o la corsa a pizzette e panini alla macchinetta, manifestazioni, assembramenti intorno al termosifone, concorsi di classe, tornei in palestra, annuario…
Niente viaggio di quinto, niente 100 giorni, niente spumante e conto alla rovescia sotto il sole di giugno, nessuna “ultima ora di”, niente saluti ai prof che non faranno parte della tua commissione o ai bidelli, per non parlare della maturità.

Sì, tutti parlano di una maturità semplificata, ma che per te è sempre la maturità, di cui si scopre pian piano lo schema di gioco a solo una ventina di giorni dalla fine delle lezioni.. una maturità non condivisa con la classe: quel periodo che viene descritto come uno dei più intensi ma belli da ricordare, che invece tu vivrai senza cantare Venditti la sera prima con le persone con cui hai affrontato questa grande porzione della tua vita giorno dopo giorno, senza il calo di autostima che ti fa dire “Non voglio che entri nessuno” e poi essere felicissimo nel vedere la tua classe alle tue spalle quando ti giri a fine colloquio, senza abbracci e condivisione di ansia, speranza, preoccupazioni e ottimismo nell’atrio della scuola, forse anche senza sorrisi perché coperti da una mascherina.. e allora ti ritroverai a cercare di interpretare uno sguardo a qualche metro di distanza, a non poter stringere la mano o avvicinarti a chi ti ha insegnato non solo argomenti didattici durante questi cinque anni, a non stringere le persone che ti sono più care.

Gli altri ti dicono che sei fortunato, che vorrebbero essere al tuo posto, che andrà comunque tutto liscio senza che te ne accorga, che abbiamo fatto passi avanti ed è già tanto avere la possibilità di fare così, che non sono queste le cose brutte di cui lamentarsi.. ed hanno ragione certo, ma questo sarebbe dovuto essere il Tuo gran finale, che ti è stato stravolto e non hai la possibilità di girare la scena una seconda volta”.

 Sara Paneccasio