Home Didattica Lingue e civiltà araba e cinese nelle nostre scuole come materie curricolari

Lingue e civiltà araba e cinese nelle nostre scuole come materie curricolari

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Forse è venuto il tempo di aprire le nostre scuole, e in modo particolare i licei linguistici, allo studio dell’arabo e perfino del cinese; e non solo per la presenza ormai massiccia di migranti di cultura araba e cinese, ma anche per i possibili rapporti commerciali e culturali che con quelle popolazioni si incominciano a intensificare. 

E’ vero che in Italia, alcuni Istituti hanno avviato questi insegnamenti, ma è anche vero che essi per lo più sono agganciati a progetti didattici con una certo numero di ore e con lezioni extracurriculari che si limitano a rilasciare un certificato di partecipazione, con forse qualche credito da fare valere negli esami di stato o dentro qualche domanda di lavoro, come punteggio accessorio.

Pochissime sono invece i licei linguistici che adattano queste discipline come materie curriculari a tutti gli effetti, in somiglianza dell’inglese o del tedesco o del francese, delle lingue cioè comunitarie. 

Tuttavia, da un punto di vista squisitamente economicista, il cinese, per esempio, è parlato dalla maggioranza degli abitanti del pianeta, come lo spagnolo, la seconda lingua più parlato al mondo, con cui però i rapporti di tipo commerciale, America Latina e Spagna, sono pochi, compresi gli scambi di natura turistica o immigratoria. 

Stesso discorso del cinese, vale per la cultura e civiltà araba che non è solamente ben visibile e ben palpabile alle nostre porte, nel confine meridionale, ma è oltremodo presente nelle nostre città attraverso moschee, mercanti e interessi di vario tipo. 

E dunque, aprire nelle scuole spiragli di conoscenze al “contrario”, rispetto ai luoghi comuni, cioè, oltre a essere  gli “ospiti” a conoscere le nostre lingue e civiltà, siano anche  i nostri giovani avviati alla sapienza umana e culturale di chi ci viene a trovare, diventando così motivo reciproco sia di crescita e sia di integrazione più coerente.

Basterebbe, per ogni istituto ad indirizzo linguistico, aprire un solo corso di “seconda lingua” o “terza lingua”, rispettando certamente le indicazioni del Collegio dei docenti e quindi del Consiglio di Istituto. 

Ma soprattutto, dovrebbe essere fondamentale che ogni scuola “fondi”, nel senso di “codificare”, il proprio progetto linguistico, il proprio impianto culturale con le altre civiltà e culture a cui avvicinarsi anche in rapporto alle esigenze del territorio e alla loro presenza nel territorio.  

In altri termini, capovolgere l’approccio con lo studio delle lingue straniere comunitarie, fermo restando questa sorta di supremazia linguistica inglese per tutto ciò che ci sta dietro, ma diminuendone le ore per coinvolgere queste discipline ritenute in qualche modo “orientali”, considerato fra l’altro che sarebbero oltre il 40% i bambini e i ragazzi stranieri, anche  di seconda generazione, che frequentano le nostre scuole, di civiltà musulmana.

Anche per il cinese varrebbe lo stesso discorso, benchè la presenza cinese sembra meno capillare nel territorio di quella araba, quantunque, da dati approssimativi, sarebbero circa l’8% le scuole superiori italiane dove si studia, ma sempre per lo più come materia extracurriculare e grazie ai progetti didattici che ciascuna scuola elabora e sempre con un numero limitato di ore.

Considerato infine che c’è pure una classe di concorso per Lingua e Civiltà Araba: A-22 (n), che copre l’insegnamento negli istituti di istruzione secondaria di I e II grado e la classe di concorso per la lingua e civiltà cinese, A-24(i), che corrisponde a Lingue e culture straniere nell’istruzione secondaria di I e II grado, implementare dei corsi stabili potrebbe essere  un modo importante, intelligente e più incisivo per conoscere meglio questi pasi al di là dei luoghi comuni spesso diffusi ad arte.