
Prima di tutto bisognerebbe ricordare che l’affettività si impara soprattutto vivendola e che non può essere “insegnata” come se si trattasse semplicemente di una serie di precetti.
Ma poi ci sono quelli che prendono a pretesto gli spaventosi episodi di femminicidio per portare avanti il solito progetto padronale e antidemocratico di mettere fine alla scuola pubblica della conoscenza, chiamata a dare a tutti un’istruzione di qualità, e questa volta lo fanno in nome di una presunta educazione all’affettività, come se conoscenza e affettività fossero in alternativa e in concorrenza tra loro, come se la scuola per sua natura non tenesse insieme istruzione, socialità ed educazione, come se l’istruzione stessa (il cui opposto, ricordiamolo, non è l’educazione ma l’ignoranza) fosse diventata improvvisamente un disvalore che impedisce anziché favorire la crescita umana.
Per chiamare le cose con il loro nome, bisognerebbe parlare di sciacallaggio, nel caso in cui chi ha come vero obiettivo lo smantellamento di un sistema di istruzione pubblica, democratica, libera e di qualità usasse strumentalmente l’argomento dei femminicidi per squalificare l’insegnamento disciplinare, invocando la sostituzione della scuola della conoscenza e delle relazioni (dove il lavoro comune su molte delle conoscenze scolastiche, soprattutto in alcune discipline, ha già in sé un profondo valore educativo) con un’ “educazione affettiva” burocratizzata, dilettantesca, impiantata sul nulla (e magari sull’ideologia idiota e antipsicologica delle “soft skills”); il tutto senza precisare CHI dovrebbe portare avanti questa educazione, in che modo e soprattutto in base a quale seria formazione psicologica, per evitare che le menti dei giovanissimi vengano messe in mano a improvvisati ciarlatani che giocano a fare gli psicoterapeuti dopo essere stati “preparati” con qualche ora di corso online.
Gruppo La nostra scuola
Associazione Agorà 33