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Nel Dl salva-crisi spuntano le visite fiscali a carico delle Asl

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Da una più attenta lettura del decreto legge salva-crisi approvato il 26 giugno dal Consiglio dei ministri si scopre che sono diversi i punti che riguardano la scuola. Oltre al già citato ritorno a 4 ore di reperibilità in caso di malattia, anziché le 11 introdotte quasi un anno fa dal ministro Brunetta, attraverso il provvedimento d’urgenza, su cui è probabile che si ricorra al voto di fiducia, il Governo ha voluto fare anche finalmente chiarezza sull’attribuzione della spesa relativa alle visite fiscali. Con la circolare del ministro della Funzione pubblica si introdusse, infatti, l’obbligatorietà delle verifiche mediche a domicilio, anche per un solo giorno di malattia. Una “stretta” sui dipendenti “furbetti” che ha fatto impennare il numero di controlli. Ed anche, ovviamente, della spesa per le prestazioni dei medici fiscali.
Ora il decreto stabilisce che quella spesa, divenuta per gli istituti particolarmente “salata” anche a causa dei contemporanei tagli ai fondi che il Miur destina al funzionamento scolastico, sancisce che dovrà essere messa in carico del sistema sanitario nazionale. Nell’art. 23 del dl c’è infatti espressamente scritto che i controlli medici, da svolgere presso il domicilio o la sede indicata dal dipendente malato, “rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende Sanitarie Locali”. Nel decreto viene anche indicato che le Asl riceveranno un fondo aggiuntivo a parte specifico per questo tipo di prestazioni. La novità farà sicuramente piacere a sindacati e dirigenti, in particolare a quelli della Flc-Cgil, che nei mesi scorsi hanno ripetutamente chiesto di sgravare le scuole almeno da questa spesa lievitata ad alcune migliaio di euro.
Ma le notizie che hanno a che vedere con il mondo scolastico non finiscono qui. Nel decreto di fine giugno è stata infatti anche inclusa la norma che impone a tutti i dipendenti della scuola, dirigenti compresi, di andare in pensione con 40 anni di contributi versati. La norma varrà per tutte le pubbliche amministrazioni (esclusi però magistrati, docenti universitari e dirigenti medici) e dovrebbe avere effetto immediato fino al 2011: per la scuola però, essendo necessario anche un preavviso al dipendente di sei mesi ed anche alla luce dalla complessità della macchina organizzativa dei suoi organici, varrà solo a partire dal 1° settembre 2010. Da un primo conteggio sembra che siano interessati al pensionamento “coatto” non meno di 7.000 dirigenti, docenti ed Ata. Un numero consistente che avrebbe ammorbidito gli effetti di disoccupazione provocati dal piano, sempre triennale, di tagli agli organici.
Rimane in stand by invece il contratto di disponibilità, che garantirebbe circa la metà dello stipendio ai precari annuali che potrebbero a settembre non vedersi riconfermato il posto, annunciato nelle scorse settimane dal ministro Gelmini. La copertura finanziaria del progetto, anche grazie alla disponibilità delle Regioni, sembra comunque garantita. E’ probabile che la norma trovi spazio in un “pacchetto” legislativo successivo. Come al solito, i precari saranno così in bilico sino all’ultimo.