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Noi avevamo un sogno!

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C’era una volta, tanto tempo fa, una ridente cittadina ricca di colori, profumi e armonia che aleggiavano tra i suoi cittadini. Essi erano animati da un unico obiettivo: quello di raggiungere tutti insieme la vetta della ‘montagna dorata’.

Ciascuno di loro, negli anni, aveva tentato di raggiungerne la vetta, ma invano: si erano accorti, col tempo, che il pendio era troppo ripido e che non possedevano i mezzi e le forze necessarie  per poterlo scalare.

Un giorno arrivò al villaggio un giovane mercante ben vestito, non molto alto e con un accento che non era tipico del luogo.

Il giovane mercante era accompagnato da alcuni baldi seguaci e, dopo essersi sistemati in un alloggio ed aver consumato un lauto pasto, decisero di incontrare i cittadini nella Piazza centrale del Paese.

Lì il giovane mercante radunò la folla, quindi chiese a tutti di ascoltare con attenzione le sue parole. La folla cessò di bisbigliare e confabulare: erano incuriositi e ammaliati dalla sua e dalla  loro capacità oratoria.

Egli offrì a tutti i mezzi necessari per scalare la ripida montagna più velocemente.

Tutti avrebbero potuto raggiungere la vetta della montagna dorata ma ad una condizione: avrebbero dovuto lasciare nel villaggio i loro affetti e i loro beni senza poter tornare per molto, molto tempo.

Dalla folla si levarono bisbigli, esclamazioni, giudizi critici ma…poco a poco la curiosità e la voglia di scalare e giungere alla meta prese il sopravvento, per alcuni.

Non tutti accettarono la proposta d’aiuto e tentennarono. Erano anche loro affascinati dall’impresa, ma non si fidavano. Sapevano di non poter lasciare la loro famiglia: erano poveri di ricchezze ma ricchi di affetti e non volevano sottrarsi alle responsabilità dei loro cari che necessitavano di cure costanti.

Questa piccola folla di cittadini preoccupati si radunò, subito dopo, nel sagrato della Chiesa del luogo e cercò di convincere gli altri a non fidarsi della proposta del giovane mercante: accettare avrebbe reso tutti infelici e sempre più ambiziosi, e si  sarebbero fomentati numerosi dissapori.

Costoro furono presi per stolti, codardi e vigliacchi ma non si curarono dei giudizi negativi, anzi decisero di unirsi agli abitanti dei villaggi vicini, anch’essi discordanti.

Passarono gli anni e molti cittadini che avevano raggiunto la montagna dorata si erano accorti che raggiungerla a quel prezzo era stato un errore. Avevano lasciato nel villaggio i loro affetti e  cercavano, adesso, con ogni mezzo di poterlo raggiungere per poterli riabbracciare.

Chiesero aiuto a Re e Imperatori di altri villaggi affinché emanassero nuove ordinanze ed editti a loro favore.

In parte furono accontentati e alcuni di loro riuscirono sin da subito a ritornare. L’imperatrice della città Paglina, infatti, emanò un editto e decretò il ritorno temporaneo di quasi tutti i cittadini, ma era un ritorno effimero che rese insoddisfatti quei cittadini sempre più ambiziosi e scontentò gli abitanti che erano rimasti al villaggio sacrificando l’ascesa facilitata verso la vetta.

La ridente cittadina si era trasformata in una città triste e grigia, i suoi colori si erano spenti a causa dell’amarezza e dei dissapori che attanagliavano i suoi abitanti e i loro occhi e i loro volti esprimevano dubbi, rancori, paure e invidie. Il “premio” ambito ( le pepite d’oro) così facilmente raggiunto aveva ora un sapore amaro.

Rimpiangevano la loro precedente vita prima della “lieta novella”; gli anni trascorsi erano stati duri e faticosi, le lotte erano state incessanti e avevano lasciato in ciascuno di loro un turbamento nell’animo. I loro rapporti di fratellanza e ‘condivisione dello stesso obiettivo’ erano stati incrinati dall’ambizione e dalle promesse mancate.

Il loro “noi avevamo un sogno” si era scontrato con la dura realtà che aveva frantumato le speranze e fatto vacillare le loro semplici certezze.

 

Patrizia Parrino