
Ormai è abbastanza evidente che il problema del reclutamento di personale specializzato per il sostegno non è più risolvibile ricorrendo a misure di carattere ordinario.
Intanto c’è un dato numerico di cui dobbiamo tenere conto: un docente su 4 (ma forse persino di più) occupa una cattedra di sostegno; ci sono scuole (soprattutto Istituti comprensivi e Istituti professionali) in cui i docenti di sostegno formano dei veri e propri piccoli “eserciti” di 50-60 e anche 70 persone.
Il problema, però, è che questi “eserciti” sono formati spesso da pochi docenti specializzati e tantissimi insegnanti precari senza titolo.
La questione è vecchia, il ministro Valditara sta cercando di mettere una pezza con i corsi “facilitati” gestiti dall’Indire ma abbiamo il dubbio che non sarà facile risolvere il problema.
E i dubbi li hanno in tanti, anche perché c’è un dato che complica tutto: in realtà, nelle regioni del sud di docenti specializzati ce ne sono in abbondanza e le stesse università continuano a sfornarne a migliaia ogni anno, anche se le opportunità occupazionali sono ridottissime.
Al contrario, al nord gli specializzati sono pochi e persino i concorsi vanno deserti tanto che è già assodato che al termine dei concorsi in atto migliaia di cattedre resteranno vacanti per mancanza di concorrenti.
Quest’ultimo dato è paradossale perché quelli per docenti di sostegno sono gli unici concorsi pubblici in cui il numero dei posti disponibili supera di gran lunga quello dei concorrenti.
All’incontro fra Ministro e sindacati del 6 febbraio Uil Scuola ha portato una sua proposta: attivare graduatorie nazionali per il sostegno in modo da consentire agli specializzati del sud di essere assunti anche al nord.
Ipotesi interessante ma di non facile applicazione perché non è facile “convincere” un docente pugliese o calabrese ad andare a lavorare a Milano o a Brescia dove un affitto costa come mezzo stipendio o anche di più.
Ovviamente ci sono anche problemi di vecchia data, del tutto irrisolvibili con le regole attuali.
La carenza di docenti specializzati, infatti, è legata anche alla vecchia disposizione che consente di passare sul posto comune dopo 5 anni di servizio sul sostegno.
Una soluzione potrebbe essere quella di consentire il passaggio ma a condizione che lo specializzato che passa su posto comune sia utilizzato, almeno in parte, come tutor e formatore dei colleghi più giovani; ma sappiamo bene che una ipotesi del genere si scontrerebbe contro le politiche egualitarie della maggior parte dello schieramento sindacale.
E’ difficile quindi, almeno per ora, che la questione si risolva.
Forse il problema del sostegno è grave ma non è ancora arrivato al capolinea e per questo tutti sperano in un miracolo “in articulo mortis” (o se si preferisce in un goal in zona Cesarini del Ministro di turno). Ma i dubbi restano.