
In Italia gli stipendi ridotti e a singhiozzo non permettono a molti lavoratori di svolgere un quotidiano regolare e di realizzare progetti personali o di vita. E poi c’è chi non guadagna nulla e vive nella povertà. A rincorrere il sogno di un posto stabile e ben pagato sono soprattutto i giovani, i precari e tante donne, soprattutto quelle che hanno anteposto la famiglia e i figli al lavoro. Il risultato è che milioni di italiani non possono permettersi un pasto regolare, un’automobile, una casa in affitto.
I salari sono diventati così bassi rispetto al costo della vita, tema toccato anche dal Presidente Sergio Mattarella alla vigilia del 1° maggio, che oramai risultano sotto il 60% della media Ue. Quelli degli insegnanti e del personale Ata ancora più sotto, con stipendi sotto la media Ue del 30% e in ritardo rispetto alla media della PA di oltre 4 mila euro.
Secondo Eurostat, nel 2024 in Italia si sono ritrovate in questo quadro un cittadino su quattro: hanno vissuto, purtroppo spessissimo stanno ancora vivendo, uno stato di ‘grave deprivazione’. Sempre secondo l’istituto di statistica europeo la media Ue è più bassa, ma leggermente, di quella italiana: complessivamente 93,3 milioni di persone nell’Ue nel 2024 erano a rischio, pari al 21% della popolazione, quindi nell’Unione europea a vivere da poveri sono in media un cittadino ogni cinque. Inoltre, il rischio di povertà o di esclusione sociale nell’Ue è più elevato per le donne che per gli uomini (21,9% rispetto al 20%).
Lo status lavorativo ha fortemente influenzato il tasso di rischio di povertà, che chiaramente varia dal 10,9% per gli occupati al 66,6% per i disoccupati. Pesa anche la composizione familiare: oltre un quinto (21,9%) della popolazione dell’Ue che viveva in famiglie con figli a carico era a rischio di povertà.
Per quanto riguarda l’età, il rischio più elevato è stato registrato per i giovani, quasi adulti, di età compresa tra i 18 e i 24 anni (26,2%), mentre il rischio più basso è stato registrato per gli adulti di età compresa tra i 25 e i 49 anni (19,2%).
E il rischio di povertà o di esclusione sociale era del 19,4% per le persone di età pari o superiore a 65 anni e del 20,8% tra la popolazione di età compresa tra 50 e 64 anni.
Anche la fascia di età più giovane, le persone di età inferiore ai 18 anni, presentava un rischio relativamente elevato (24,2%). Oltre all’età, – spiega Eurostat – il livello di istruzione ha avuto un impatto considerevole sul rischio di povertà o di esclusione sociale.
A livello dell’Ue, più di un terzo (33,9%) di tutte le persone di età pari o superiore a 18 anni con un basso livello di istruzione erano a rischio rispetto al 10,2% delle persone della stessa fascia di età con un livello di istruzione terziaria (elevato). La percentuale corrispondente per le persone con un livello medio di istruzione è stata del 19,3%.
Chiaramente più di un quinto (21,9%) delle persone che vivono in famiglie con figli a carico nell’Ue erano a rischio di povertà o di esclusione sociale, una percentuale leggermente superiore a quella delle famiglie senza figli a carico (20,1 %). Tuttavia, tali tassi variavano notevolmente da un paese all’altro dell’Ue.
Eurostat ha anche descritto cosa si intende per ‘grave deprivazione per l’Ue’: a livello familiare si sostanzia nella non capacità di far fronte a spese impreviste, di permettersi di pagare per una settimana di vacanza annuale lontano da casa, di far fronte a arretrati di pagamento (su mutui o canoni di locazione, bollette, rate di acquisto a rate o altri pagamenti di prestiti), permettersi un pasto con carne, pollo, pesce o equivalente vegetariano ogni due giorni, tenere la casa adeguatamente al caldo, avere accesso a un’auto per uso personale, sostituzione di mobili usurati.
A livello individuale: non avere una connessione internet, non poter sostituire i vestiti logori con alcuni nuovi, avere due paia di scarpe adatte (incluso un paio di scarpe per tutte le stagioni), spendere una piccola quantità di denaro ogni settimana per se stessi, avere attività ricreative regolari, riunirsi con amici o famiglia per un drink o pasto almeno una volta al mese.