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Prove Invalsi per l’accesso all’università? Ghizzoni (Pd): prima recuperiamo le lacune dei diplomati

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Usare le prove Invalsi per l’accesso all’Università? Una proposta che inizia già a ricevere molte critiche e sulla quale in queste ore si alza la voce anche di Manuela Ghizzoni (della segreteria PD, responsabile Istruzione università e ricerca), che sul tema chiede un necessario confronto: “L’utilizzo dei risultati del test Invalsi sulle competenze di italiano, matematica, inglese in uscita dalla scuola superiore per l’accesso all’università, ipotizzato dagli organi di stampa, ci lascia molto perplessi – afferma – sia per l’uso dello strumento, nato per la valutazione e autovalutazione del sistema scolastico, sia per la settorialità dei 3 ambiti valutati a fronte dell’ampio ventaglio dell’offerta formativa universitaria”.

“Prima di adottare decisioni in questa materia è necessario coinvolgere le forze politiche, insieme ad esperti e ricercatori. Occorre definire da un lato il modo attraverso il quale recuperare le eventuali lacune di saperi e competenze dei diplomati, che riguardano il diritto sociale e civile alla conoscenza, e dall’altro i meccanismi conoscitivi delle competenze individuali utili per l’accesso e l’orientamento”.

Il test di accesso a Medicina

E richiama anche la questione dell’accesso alla facoltà di Medicina, di cui ha scritto anche il nostro direttore Alessandro Giuliani. Ricordiamo che in proposito la ministra dell’università, Maria Cristina Messa, ha di recente dichiarato che a partire dal 2023 non ci sarà più la giornata da incubo del concorsone, in quanto ogni candidato farà un suo percorso che lo porti a sostenere un esame Tolc, anche più volte all’anno (per poi utilizzare il punteggio migliore) a partire dal quarto anno delle superiori.

Una proposta, questa, che “sta raccogliendo consensi trasversali – annuncia Manuela Ghizzoni – anche perché questi test hanno valore di orientamento, sono ripetibili e sono utili per valutare la preparazione in ingresso (OFA) specifica per il corso di studio”.

Quindi conclude: “Governo, Parlamento e forze politiche continuino a confrontarsi sul tema dell’accesso all’università, degli interventi necessari per aumentare il numero degli universitari e dei laureati e delle laureate, dell’orientamento e della valutazione”.