Home I lettori ci scrivono Reclutamento fallimentare, proposte operative per uno nuovo sistema

Reclutamento fallimentare, proposte operative per uno nuovo sistema

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Il sindacato Adesso Scuola ribadisce, all’attuale governo e a tutte le forze politiche presenti in parlamento, che le situazioni politiche da affrontare prima di qualsiasi soluzione tecnica riguardano la presa d’atto che il sistema di reclutamento attuato finora è stato del tutto fallimentare. Lo dicono i dati: solo nello scorso anno 50mila posti vacanti a fronte di più di 90mila posti disponibili per le assunzioni a tempo indeterminato autorizzate dal MEF; nell’anno 2021 a fronte di 112.000 assunzione autorizzate dal MEF, meno della metà hanno visto la luce. A ciò aggiungiamo i contratti a tempo determinato su posto comune e di sostegno che nel 2022/23 hanno riguardato oltre 200mila precari. Per cui, è chiaro che il sistema dei concorsi messi in campo dal 2012 ad oggi, non ha dato risposte concrete nell’abbattere il precariato.

A questo punto, riteniamo che l’attuale sistema di reclutamento vada modificato, ma non certamente con la riforma prevista dalla legge 29 giugno 2022 n. 79 (di conversione del decreto-legge 30 aprile 2022 n. 36, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.150 del 29-06-2022) la cosiddetta riforma Bianchi, un sistema farraginoso, che non assicurerà i docenti previsti nelle nostre scuole, anzi a nostro avviso, creerebbe solo ulteriori sacche di precariato.
Il nuovo ministro, in relazione al reclutamento docenti, parla di “Alcune migliorie” anche in relazione alla riduzione del precariato e i percorsi transitori necessari.

“L’obiettivo è preciso – spiega Valditara – realizzare un quadro transitorio che a regime sia in grado di garantire la qualità del profilo docente e di attrarre quanti vogliano affacciarsi alla professione, garantendo il necessario rinnovamento generazionale “.
Alla luce di queste dichiarazioni riteniamo, innanzitutto, che sono necessari due interventi politici indispensabili.
Il primo riguarda l’accesso al sistema delle specializzazioni sul sostegno: va eliminato il numero chiuso o quanto meno va resa subito operativa la norma che chi ha tre anni sul sostegno, anche su diversi gradi, deve accedere al corso direttamente senza sostenere le prove.

Il secondo riguarda la trasformazione dell’intero organico di fatto in organico di diritto che permetterebbe non solo di assumere il personale precario su tutti i posti vacanti oggi disponibili, ma soprattutto eviterebbe un numero esorbitante di supplenti che non garantiscono la continuità didattica agli alunni.
 Solo così si può dare una risposta concreta ad una esigenza sempre più rilevante, limitando le possibilità che l’alunno con disabilità sia assegnato ad un docente senza titolo o che lo stesso docente si rechi all’estero per conseguirlo, cadendo nella morsa della speculazione.

Le soluzioni immediate che potrebbero essere risolutive sono:
1) rendere strutturale il reclutamento dei docenti abilitati o specializzati sul sostegno già presenti nelle GPS;
2) assumere gli idonei nelle graduatorie dei concorsi ordinari e straordinari;
3) avviare un percorso snello di abilitazione, seguito da successiva immissione in ruolo per i docenti con almeno tre anni di servizio;
4) avviare un percorso snello di abilitazione per consentire di conseguire il titolo abilitante a tutto il personale di ruolo con il titolo specifico per altro grado, utile per altra disciplina di insegnamento, onde facilitare il passaggio di ruolo a tanti docenti “ingabbiati” ormai da anni;
5)proroga mobilità straordinaria in deroga ai vincoli;
6) assegnazione di un organico aggiuntivo ATA e docenti.

L’obiettivo è anche quello di valorizzare e non disperdere l’esperienza sul campo di migliaia di precari, che insegnano da molti anni e che hanno dimostrato “valore sul campo”.
Intervenire su questo terreno significherebbe modificare strutturalmente, una volta per tutte, il sistema di reclutamento, garantendo stabilità non solo al personale interessato ma anche alla continuità didattica. È evidente che per farlo c’è bisogno di forte volontà politica e di risorse. La scuola deve uscire dal patto di stabilità, fuori dai vincoli di bilancio. Deve essere considerata non come fonte di risparmio, bensì di investimento senza il quale si pregiudicano inevitabilmente le sorti delle nuove generazioni e, quindi, del nostro paese.

Giacomo Vitale