Home I lettori ci scrivono Regionalizzare la scuola in Veneto, dove 90mila studenti vanno alle scuole libere

Regionalizzare la scuola in Veneto, dove 90mila studenti vanno alle scuole libere

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Il federalismo lo vogliono tutte le forze politiche delle Regioni settentrionali, Ds compresi, prima di Zingaretti neo eletto Segretario del Partito Democratico.

Se il Veneto però si accontenta di federalismo differenziato ridotto, non pochi dei 2,4 milioni di leghisti, che votarono il referendum, dirotteranno il voto altrove e verso il Partito Pensionati (Pp), che merita i loro voti più di molti leghisti ed altri.

A Venezia la Consulta per l’autonomia del Veneto, al termina della seduta il governatore della Regione, Luca Zaia ha incontrato la stampa per fare il bilancio.

“In questi mesi si sono tenuti una trentina di incontri, quello che chiediamo è l’autonomia sulle 23 materie”.

Zaia ha quindi proseguito spiegando la sua visione rispetto all’istruzione: “siamo gli unici ad avere 90.000 bimbi senza scuola pubblica in Regione, per questo chiediamo una norma ad hoc per le scuole paritarie”.

Zaia afferma anche: “perché una “via” non può essere regionale? Qui non siamo in grado di fare le cose e a Roma sì? Allora serviamo solo a pagare le tasse. I capponi non si sono mai organizzati le feste di Natale”.

Cosa dice il Sindacato in materia d’istruzione, cosa dice il “mio” Snals? Sta zitto forse? L’Ocse-Pisa da tempo valuta la qualità della scuola italiana con qualità più alta al Nord e bassa al Sud, di fatto la scuola è già differenziata, malamente.

Accanto ai Meridionalisti piagnoni crescono i Settentrionalisti piagnoni e additano al Sud le colpe della mancata autonomia del Nord. Il Partito Pensionati è per un sistema d’istruzione fatto per metà di Scuole libere con libertà di scelta della scuola di stato o del privato, del discente e del docente con libertà di passaggi dall’uno all’altro sistema.

Vediamo quanto costa il sistema d’istruzione: il costo nel 2016 aumenta a 56.133.672.785 euro (56 miliardi, 133 milioni e 672 mila 785 euro) di spesa dello Stato, cioè di tasse dei cittadini per gli allievi che frequenta la scuola pubblica statale, a fronte di  547.200.000 euro (547 milioni e 200 mila euro) per gli allievi che scelgono la scuola pubblica paritaria. Si continuerà a spendere di più e male, ma perché male?

Con ordine: 1) solo in Italia lo studente non può scegliere fra una Buona Scuola Pubblica Statale e Paritaria senza pagare due volte avendo già pagato le tasse;

2) lo Stato utilizza la famiglia e la scuola Pubblica paritaria come un finanziatore di prim’ordine;

3) i docenti non possono scegliere se insegnare, a parità di titoli e di effetto di tali titoli (gli alunni diplomati), fra una buona scuola pubblica statale e paritaria; non solo: ai docenti abilitati delle paritarie è negato il bonus di 500 euro per l’aggiornamento, mentre viene concesso a tutti i diciottenni per andare al cinema;

3) l’Italia viola da anni l’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”; ma nessuno ne parla.

La nostra Democrazia deve ancora evolvere verso quelle più mature del centro e nord dell’Europa, che promuovono le capacità degli studenti fino a laurearne la metà ed oltre.

Se il laico di sinistra, Pietro Calamandrei, ci ricorda il suddito e il cittadino che solo la scuola può tentare fare, il prete Luigi Sturzo ci ricorda che:“Finché gli italiani non vinceranno la battaglia delle libertà scolastiche in tutti i gradi e in tutte le forme, resteranno sempre servi (…) di tutti perché non avranno respirato la vera libertà che fa padroni di se stessi e rispettosi e tolleranti degli altri, fin dai banchi della scuola, di una scuola veramente libera”.

“La progressiva riduzione del numero di scuole cattoliche in attività deve preoccupare non solo la comunità cristiana ma tutta la società civile e i responsabili dell’amministrazione scolastica nazionale, perché il pluralismo educativo è un valore irrinunciabile per tutti e ogni volta che chiude una scuola cattolica è tutta l’Italia a rimetterci”, così scrive il card. G. Bassetti, Presidente della CEI. Il direttore di Avvenire, M. Tarquinio si riferisce alla stessa riduzione di scuole paritarie cattoliche indicandola come “continua e incessante morìa di scuole paritarie”.

A noi del Partito Pensionati interessa il pluralismo delle scuole sia laiche in primis che cattoliche e sia statali che libere. Queste ultime sono da armonizzare meglio come le statali al territorio regionale.

Pensiamole e facciamole almeno in Veneto. Nel padovano 600mila studenti frequentano le scuole dalla materna alle superiori e 61mila sono gli studenti universitari a Padova. I Docenti statali sono circa 45mila e un terzo gli ausiliari o Ata (Assistenti, tecnici ed amministrativi). L’anno scolastico in corso ha fatto registrare un calo degli iscritti ed un circa un dimezzamento di quelli iscritti alle scuole non statali. Regionalizzare la scuola in Veneto per darle più respiro culturale, più meritocrazia ai Discenti e differenziare le carriere dei Docenti, liberi di scelta lavorativa. Per noi del Pp è utile privatizzare le scuole del 50%. L’altro 50% va, in parte finanziato dalla Regione ed entrambi i tipi di scuole statali e non devono pagarsi almeno il 25% dei costi di gestione. Attualmente le scuole statali fanno pagare al genitore circa il 10% di costi e quelle libere il 100%.

La scuola statale per tutti fu un’esigenza dell’Italia contadina, poi, dopo il miracolo economico 1953-73, non più.

C’è bisogno oggi di una scuola diversa.

Nel decennio 2007–17 risultano essere paritarie: 1.046.026/2007; 903.871/2017 con un calo di 142.155 nel decennio; statali: 7.708.241/2007; 7.816.408/2017; con una crescita di 108.167 nel decennio.

Secondo il Pp l’autonomia scolastica è assunzione di responsabilità da condividere.

Giuseppe Pace