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Renzi ma ci hai presi per imbecilli? Queste assunzioni sono il jobs act della scuola

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Alla proclamazione finalmente dello sciopero dei Confederali per il 5 Maggio prossimo, il Premier Matteo Renzi, con il suo solito fare da Don Rodrigo in veste youppie della politica, irride sindacati, docenti e mondo della scuola. Dice che lo sciopero “fa ridere!”. E “non s’ha da fare”. Un’irrisione a chiare lettere, neanche sublimata dal vecchio savoir faire dei democristiani dotati di stile.

In più, promette letterina per tutti i docenti in modalità “for dummies” esplicativa del contenuto del fatidico ddl, dal momento che questi, evidentemente, non hanno capito cosa gli si regala, forse vittime di gufi, minoranze, sindacati obsoleti e sobillatori.

L’eminente signore della contrada promette il più bel regalo si potesse mai fare loro: liberarli dalla schiavitù del precariato. Eppure si osa scioperare?

Caro Matteo Renzi, ma ci hai presi per imbecilli?

Sappiamo leggere sai, nonostante come te cresciuti con Mazinga e la Ruota della Fortuna.

Vuoi sapere perché i “precari” (detesto gli aggettivi che diventano col tempo nomi propri, eppure ahimè) respingono al mittente il disegno di legge Buona Scuola, nonostante ci regali la tanto attesa assunzione?

Esattamente per codeste, benedette assunzioni che, maledizione a chi non ne fa cenno, saranno non una stabilizzazione a tempo indeterminato, ma “stabilizzazione” di una forma di precarietà permanente ancora più insidiosa di questi anni di amaro precariato, in linea con la strada già drammaticamente tracciata dal Jobs Act.

Cari sindacati, cara minoranza dem, cari giornalisti, perché non si fa riferimento a tutto ciò? Lasciando agire la propaganda e delegittimare la nostra onesta e sofferta protesta?

I nuovi assunti, evidentemente di Serie B, avranno, benedetto Iddio, diciamolo (art 7; art 9):

– incarichi triennali;

– selezionati con chiamata diretta dai dirigenti, secondo criteri ancora a nessuno resi noti;

– perderanno la titolarità;

– avranno ruoli regionali e non più provinciali;

– insegneranno su classi di concorso anche non di loro pertinenza.;

(N.B. misura quest’ultima, attualmente in vigore e straordinaria, applicata solo per i perdenti posto. Forse forse, si prevede che questi “posti funzionali”, del nuovo e tanto pubblicizzato “organico di potenziamento o funzionale”, su cui verranno espletate la maggior parte delle assunzioni, saranno così instabili da generare esuberi, in quanto decisi triennalmente come triennali guarda caso saranno gli incarichi dei docenti? Io direi si). Altro che stabilità.

– irrigidimento dei criteri dell’anno di prova: licenziamento senza obbligo di preavviso.

– obbligo ad accettare cattedre su tutto il territorio nazionale, in mancanza di posti funzionali provinciali e regionali, pena perdita del diritto all’assunzione.

Non ricorda, forse, tutto questo nei tempi e nei modi il Jobs Act? Perché non se ne fa menzione?

Strano che non se ne sia accorta neanche la Centemero di Forza Italia, che, tra i 200 emendamenti presentati da F.I., propone addirittura “un Jobs Act anche per i docenti, con contratto iniziale di 3 anni”. Ma c’è già! Centemero c’è già!

Vorrà intascarlo nonostante sia voce già in elenco, avendo capito forse che nessuno se ne è accorto? Chissà.

Ma la vogliamo finire con questa demagogia che cavalca i peggiori luoghi comuni (come la “pigrizia” dell’impiegato pubblico da rivitalizzare con la ricetta del bastone e la carota), solo per portare avanti politiche punitive nei confronti del mondo del lavoro e dei “beni comuni”?

Provvedimenti spacciati per manovre di ammodernamento per rimettere questo paese in corsa, quando non sono altro che attacchi frontali a diritti e tutele dei lavorati, per liberalizzare il mercato, regalando settori fondamentali e sensibili, come l’istruzione, ad avvoltoi e cabine di comando. E questo senza mal celare la “soluzione finale”: realizzare una precarietà permanente e manovalanza a basso costo, per sbocconcellare quel poco di residuale “pubblico” ancora sopravvissuto.

D’altronde, l’ha detto a chiare lettere il Dott. Attilio Oliva, Presidente della TREELLLE, associazione legata a Confindustria, e motore delle ultime riforme dell’istruzione, a cosa si vuole arrivare in merito al tema scuola e università: “Abbattere il Monopolio di Stato” (6 Luglio 2014).

E non ci stanno forse riuscendo, con il falso e seducente argomento della “autonomia” e del “merito”? Attraverso una scuola eterodiretta, dove organi collegiali, famiglie, studenti verranno defraudati della loro naturale centralità, a favore di un modello gerarchico e meccanizzato, privata la scuola della sua pluralità e del suo spirito cooperativo?

A questo fine, meglio docenti trattati come pezzi di ricambio da “incaricare” per qualche annetto e poi buttare via, sotto il costante ricatto del merito, e calpestando così in modo definitivo la loro naturale aspirazione a essere soggetti investiti di responsabilità decisionale, di ricerca, di gestione nella libera scelta di una didattica, come costante oggetto di scambio e confronto orizzontale. Oltre che “crescere” finalmente i loro studenti, dal primo all’ultimo anno, accidenti a voi. Incarichi triennali?

Niente di tutto quello che avrei sempre desiderato.

Che strano, proprio quando eminenti pedagogisti e studiosi indicano come direzione il “bottom up”, qui si preferisce “il top down”, che grande mistero. Ma certo di pedagogisti, nella fase decisionale e di audizione di questo disegno di legge, ne abbiamo visti proprio pochi, preferendo i bracci armati di Confindustria. A me pare tutto capovolto.

E del bonus alle paritarie? Ne vogliamo parlare? Non va forse nella direzione di un definitivo pareggiamento tra pubblico e privato, per accontentare in maniera, questa volta, si, a tempo indeterminato, i desideri del Dott. Oliva?

Caro Matteo, a te piace salire, io invece scendo, in piazza, il 5 Maggio e anche il 24 Aprile, perché è tra la gente che un docente vuole stare, e anche la scuola, laddove è nata, alla maniera socratica.

E se proprio ci farai bere la cicuta, esercitando la falsa democrazia degli oligarchi, che dire, ci avremo provato. A resistere a questo ennesimo attacco al bene comune dell’istruzione. E diciamolo che questo benedetto merito ed autonomia non c’entra niente.