Home Attualità Rientro a scuola, il nostro sondaggio: i docenti bocciano l’apertura di infanzia...

Rientro a scuola, il nostro sondaggio: i docenti bocciano l’apertura di infanzia e primaria in zona rossa

CONDIVIDI

Rientro a scuola? Il 73% dei docenti non è d’accordo con la scelta ministeriale di tenere aperte le scuole primarie e dell’infanzia in zona rossa: è quanto emerge dal sondaggio della Tecnica della scuola, al quale hanno risposto 530 insegnanti nell’ambito delle questioni più calde degli ultimi mesi, relativamente alla scuola del Covid e al dibattito mai assopito sull’opportunità di tenere le scuole aperte anche se persistono i rischi da contagio.

Sulla base delle risposte ricevute possiamo quindi dire che la maggior parte dei docenti viaggia su una linea ben più prudenziale rispetto a quella della ministra Lucia Azzolina, a dispetto di un’ampia fetta della società civile che invece preme per portare gli alunni là dove dovrebbero stare: tra le mura scolastiche.

Docenti favorevoli alla DaD

Lo stesso orientamento prudenziale permane nella risposta al secondo interrogativo: Sei favorevole alla DaD al 100% nelle scuole superiori? 70 insegnanti su cento dicono di sì. La didattica a distanza resta una didattica emergenziale e come tale non può farsene un uso prolungato nel tempo, questo è certo, eppure nell’emergenza fa il suo dovere, una qualità che gli insegnanti riconoscono alla DaD.

DaD da casa o da scuola?

Un altro argomento che ha tenuto banco in queste ultime settimane ha riguardato il binomio DaD da casa vs DaD da scuola per i docenti. Quello che emerge, in proposito, sempre dal nostro sondaggio, è che un buon 20% di insegnanti delle superiori oggi sta svolgendo didattica a distanza da scuola: un dato che avevamo immaginato inferiore.

No riduzione del numero di alunni per classe

Un altro dato rilevante del sondaggio riguarda la consistenza delle classi: l’81% dei docenti ha dichiarato che nelle proprie classi non è stato effettuato alcun tipo di riduzione del numero di alunni. 

Questo vuol dire che, al di là delle intenzioni espresse anche più volte dal Ministero nel corso dell’estate scorsa, alla resa dei conti turnazione e formazione di nuove classi (a seguito degli sdoppiamenti), hanno trovato riscontro in casi solo residuali.

Un risultato che, in effetti non stupisce: se pensiamo, infatti, alla carenza di organico di cui abbiamo ampiamente discusso a inizio di anno scolastico, quanto accaduto può essere considerato una conseguenza inevitabile. Ma non per questo è meno grave.

Se, infatti, il distanziamento è il primo must della triade anti contagio da Covid-19, insieme a mascherine e a igiene della mani, possiamo concludere (pur sapendo che il nostro dato non sia necessariamente rappresentativo del dato nazionale) che nella maggioranza delle scuole il distanziamento non si è affatto realizzato, cosa che ha reso inevitabile la didattica a distanza.

In altre parole, è vero che la problematica trasporti è una delle principali criticità che ha influito sulla ripresa della didattica a distanza, ma è anche vero che, sul fornte più strettamente scolastico non si è riusciti a garantire il principale requisito di sicurezza, rispetto al quale probabilmente neanche la legge di bilancio riuscirà a fare qualcosa. Insomma, le classi pollaio sono sempre lì, nelle nostre scuole, e lo saranno ancora per molto.

La stessa Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, non a caso, qualche giorno fa, sul proprio profilo Facebook, nell’illustrare le misure contenute nella Legge di Bilancio ha dichiarato che pensare di risolvere in poco tempo un problema che va avanti da anni è impensabile, soprattutto se si guarda agli 8 miliardi di euro di tagli all’istruzione.