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Salvini: “In alcune scuole si fa l’appello per cognome perché magari qualche bimbo a sette anni si sente fluido”, piovono critiche

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Matteo Salvini è nell’occhio del ciclone per una frase che ha pronunciato che tocca da vicino il mondo della scuola. Il politico leghista di recente, in un periodo ormai di piena campagna elettorale dopo lo scioglimento delle Camere e la decisione di andare al voto, è stato accusato di non avere contezza della realtà e di usare argomenti che non conosce per manipolare l’opinione pubblica.

Matteo Salvini ha presenziato alla festa della Lega che ha avuto luogo lo scorso sabato sera, il 23 luglio, a Domodossola, in Piemonte. Il leader leghista ha fatto scalpore per aver pronunciato la seguente frase: “In un’altra scuola elementare sul registro, e anche in una media, non si parla agli alunni coi nomi di battesimo. Quindi quando fanno l’appello non ci sono ‘Elena’, ‘Giorgio’, ‘Riccardo’, no. Si fa l’appello per cognome, per non discriminare, perché magari a sette anni c’è qualche bambino che si sente fluido. Questo non è futuro ma una follia assoluta”.

Gli argomenti contro le parole di Salvini

Le sue parole stanno facendo discutere e sono state attaccate da più parti, soprattutto sui social. In molti hanno fatto notare che l’abitudine di chiamare, durante l’appello, gli alunni per cognome è, sì, ben radicata. Ma, appunto, lo è praticamente da sempre.

Non si tratta né di una novità né di una conseguenza dell’insinuarsi di un certo tipo di pensiero, che alcune forze politiche chiamano “ideologia gender“. Salvini è stato così accusato di parlare a vanvera senza avere una vaga idea di cosa avvenga davvero nelle classi italiane.

Altri si sono chiesti il motivo per cui concentrarsi su questo più che su altri temi ben più scottanti per il nostro Paese. Resta da capire se si è trattato di uno scivolone o meno e quali sono le scuole in cui, come dice Salvini, l’appello viene fatto per nome di battesimo.