
Il femminicidio di Sara Campanella, 22enne accoltellata a morte lo scorso 31 marzo per strada a Messina da un ragazzo 27enne, che cercava le sue attenzioni in modo morboso da tempo, sta scuotendo le coscienze, così come accaduto nel caso del femminicidio di Giulia Cecchettin.
La dirigente scolastica ha scritto a Valditara
La madre della povera ragazza è una docente. Come riporta Messina Today, la dirigente della scuola in cui insegna ha diffuso una lettera. Eccone il contenuto:
“Quando ho saputo dell’ennesimo femminicidio, della giovane e splendida Sara Campanella, uccisa all’uscita dell’università a Messina, ho sentito un tonfo nel cuore. Ma sono andata a trovarla. Ho incontrato la mamma di Sara, il papà e il fratello. Davanti al loro dolore – dignitosissimo, quanto lacerante – mi sono sentita infinitamente piccola. Sono rimasta con loro per più di un’ora. Ho guardato i loro occhi, ho ascoltato le loro parole. La madre mi ha mostrato le foto di Sara, tutte. Anche quelle che ha scelto per il funerale. Mi ha parlato di questa figlia straordinaria, di questa ragazza prodigiosa, di una giovane donna di una dolcezza e di una gentilezza fuori dal comune. E io sono rimasta profondamente colpita”.
“Le sue parole non le dimenticherò mai: ‘Preside, aiutami ad entrare in tutte le scuole. Da oggi vivrò solo per questo: per educare, per sensibilizzare, perché nessun’altra figlia venga strappata alla vita in questo modo’. E io lo farò. Il femminicidio di Sara, come quello di troppe altre donne, ci sbatte in faccia una verità che non possiamo più ignorare: c’è un fallimento educativo che riguarda tutti. Uomini incapaci di gestire il rifiuto, di riconoscere l’altro come persona e non come possesso, crescono nel silenzio delle case, delle scuole, della società. Io oggi, da mamma di due figlie, da dirigente scolastica, da cittadina, mi prendo un impegno preciso: educare, formare, sensibilizzare, sin dai primi anni, i bambini e i ragazzi, soprattutto i maschi. Non possiamo più aspettare. Non possiamo più limitarci a punire. Serve una grande, imponente campagna culturale e educativa. Serve che lo Stato ci ascolti. Ho scritto al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Ho scritto ciò che il cuore mi ha dettato. Non appena mi sentirò, condividerò, ma solo per sensibilizzare. E continuerò, insieme alla mamma di Sara, a bussare a tutte le porte. Perché se l’educazione salva, allora è da lì che dobbiamo ripartire. Per Sara. Per tutte. Per tutti. Quel tonfo si è fatto più forte, più intimo, più lacerante, quando ho realizzato che la sua mamma, è una docente del mio istituto, una mia docente, oggi assegnata provvisoriamente in un’altra scuola”.
Ennesimo femminicidio
Decine di testimoni, come riporta Il Corriere della Sera, l’hanno vista discutere con un coetaneo che le ha poi tagliato la gola con una coltellata: un solo profondo fendente che non le ha dato scampo. Chi la conosceva racconta di una relazione con un giovane che la vittima aveva deciso di interrompere: il suo assassino.
Insomma, lo schema è, purtroppo, molto comune: tornano alla mente i casi di Lorena Quaranta, Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin, e altre centinaia di donne ogni anno. In molti credono sia arrivato il momento di un forte cambiamento culturale che passi dalla scuola.
Ecco, ad esempio, le parole della senatrice di Fratelli d’Italia Ella Bucalo, membro della commissione cultura e istruzione del Senato e responsabile della scuola di Fratelli d’Italia: “Non si può morire a ventun anni. Non così. Sara Campanella stava uscendo dal Policlinico di Messina dove studiava quando è stata accoltellata. Strappata alla vita mentre cercava di realizzare il suo sogno. È ora di dire basta! È ora di agire per fermare la strage! Oggi l’Italia intera piange una vittima innocente, un’altra morte assurda. Una strage silenziosa che non conosce sosta. Dibattere, interrogarsi oggi non basta più. Bisogna intervenire. E bisogna farlo tempestivamente e alla radice del problema, abituando fin dall’età scolare i nostri ragazzi a gestire le loro emozioni, a fronteggiare il dolore, a trasformare positivamente la frustrazione causata dalla perdita o dal senso di sconfitta. La scuola deve tornare ad essere fucina di coscienze, luogo in cui il ragazzo impara non solo nozioni, ma anche e soprattutto a comprendere e gestire i propri sentimenti. Alla famiglia di Sara la mia personale vicinanza”.
Gino Cecchettin: “Dovreste imparare a vivere i no”
Lo scorso martedì 25 febbraio, dalle ore 11.00 alle ore 12.00, si è tenuta la quinta lezione di Educazione Civica in diretta organizzata dalla Tecnica della Scuola. Lezione dedicata proprio al tema della violenza di genere che si manifesta – come le cronache evidenziano – sempre più spesso anche tra le aule e nelle scuole.
Presente alla diretta Gino Cecchettin, presidente della Fondazione Giulia Cecchettin, che porta il nome di sua figlia, la 22enne uccisa per mano del proprio fidanzato nel novembre 2023. La Fondazione, come abbiamo avuto modo di scrivere, ha l’obiettivo di combattere la violenza di genere, anche e soprattutto partendo dalla scuola.
Assieme a lui è stata presente in studio la sociologa Graziella Priulla, grande esperta delle tematiche connesse alla violenza di genere e che nella sua carriera di docente universitaria a Catania ha approfondito con ricerche e saggi proprio il tema della differenza di genere unito e del ruolo del linguaggio nella violenza e nel sessismo.
Ecco le parole di Gino Cecchettin ai nostri microfoni: “Da questa vicenda ho imparato che il tempo è prezioso, perché diamo tutto per scontato e viviamo con il pilota automatico. Un’altra lezione che ho imparato è focalizzarci sulle cose importanti. Sono riuscito a conservare la razionalità per far fronte a questa situazione. Sapevo che la rabbia e la vendetta mi avrebbero fatto del male e non mi avrebbero reso forte per i miei figli. Sapevo che la rabbia non mi avrebbe fatto andare avanti. Mi è venuta in soccorso Giulia, mi sono concentrato su una sua foto e mi è venuto un sorriso. Ho capito subito dov’era la strategia: cercare di focalizzarmi su qualcosa di bello, ho capito che l’amore è la soluzione a tutto, ho visto affievolirsi gli altri sentimenti, come il rancore, per evitare che un altro padre possa vivere il dolore che ho vissuto io”.
Ecco le risposte di Cecchettin agli studenti: “Non possiamo recriminare cosa è stato o non è stato fatto in passato. La vera domanda è cosa possiamo fare oggi. Unitevi a noi, alle associazioni contro la violenza di genere, e chiedetevi cosa potete fare, fare dibattiti, convincete un compagno di classe che parla di proprietà nei confronti di chi dovrebbe amare, per combattere gli stereotipi che ancora oggi esistono, tutte quelle espressioni che screditano la donna. Come Fondazione abbiamo creato un comitato giovanile”.