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Scelta superiori, la metà dei diplomati non tornerebbe indietro: il 64% è stato guidato dai genitori, poco dialogo coi prof nei licei

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L’orientamento scolastico nella secondaria di primo grado funziona? A quanto pare non molto anche se alcuni dati sono in miglioramento: a dirlo i dati presentati ieri, 27 febbraio, all’interno del XXII Rapporto Almadiploma sul Profilo dei diplomati e sui loro esiti lavorativi

L’indagine ha coinvolto 26 mila maturati nel 2024 e per gli sbocchi lavorativi a uno e tre anni rispettivamente 29 mila  diplomati 2023 e 38 mila diplomati 2021. Come riporta Il Corriere della Sera, alla domanda “Se poteste tornare indietro, rifareste la stessa scuola da cui siete appena usciti?”, quasi la metà dei diplomati dell’anno scorso risponde no. Quelli che non si sono pentiti sono appena il 51,6 per cento (nel 2023 erano un po’ di più: il 53,1 per cento)

Solo il 45,4 per cento dei maturati ritiene che le attività di orientamento all’uscita dalla scuola media siano state rilevanti. A guidare i quattordicenni italiani nella scelta della scuola superiore sono ancora e sempre le famiglie: 64,8 per cento. Il parere di mamma e papà continua a pesare anche dopo la maggiore età, quando si tratta di scegliere l’università o il lavoro. 

I dati per indirizzo scolastico

I più soddisfatti sono gli studenti degli istituti tecnici (52,2 per cento), i meno convinti quelli dei professionali (47,7 per cento), che protestano di avere avuto una preparazione scarsa non solo per tentare eventualmente l’università ma anche per andare a lavorare.

I liceali sono nel mezzo: 51,8 per cento rifarebbe la stessa scuola, anche se nel loro caso è particolarmente scarsa la soddisfazione per il dialogo con i docenti (solo il 61,2 per cento dei liceali contro il 74,4 per cento dei professionali) e per i laboratori (45,7 per cento contro il 61 per cento dei tecnici).

Orientamento a scuola, funziona davvero?

Ormai l‘orientamento dalle medie alle superiori e dalle superiori all’università è diventato una pratica corrente (rispettivamente 90,6 per cento e 84,4 per cento), ma non tutto funziona se queste attività vengono valutate rilevanti molto poco rilevanti nella scelta delle superiori (45,4 per cento) e poco significative anche nella scelta dell’università (51,6 per cento).

A essere particolarmente insoddisfatti sono soprattutto i liceali (uno su tre dichiara di aver ricevuto informazioni insufficienti), mentre quasi due diplomati su tre (il 58,8 per cento) ammette di essere stato influenzato da amma e papà. Quanto alle attività di Pcto, la cosiddetta alternanza scuola lavoro, sono soprattutto gli studenti dei professionali a ritenerle utili (82,6 per cento), seguiti dai diplomati tecnici (76,2 per cento), ultimi i liceali: solo il 55,9 per cento le “promuove”. 

La scelta di proseguire la propria formazione iscrivendosi all’università non sempre risulta vincente: il 5,7% interrompe gli studi a un anno, percentuale che sale all’8,8% a tre anni. Oppure c’è chi si accorge in corso d’opera di aver sbagliato indirizzo: 9,2 per cento cambia dopo un anno, percentuale che sale al 14 per cento dopo tre). Le cause? Aspettative deluse, discipline poco interessanti, difficoltà del corso.

Orientamento, le risorse stanziate da Valditara

Ricordiamo che il tema dell’orientamento è molto caro al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che a novembre ha firmato un decreto che destina 136.147.500 euro ai percorsi di orientamento nelle Scuole secondarie di I grado.

Il finanziamento, rivolto a 4.818 Istituti secondari di I grado per gli anni scolastici 2024/2025 e 2025/2026, è finalizzato a promuovere, nell’ambito del Programma Nazionale “Scuola e Competenze 2021-2027”, le attività di orientamento così da ridurre anche la dispersione e l’abbandono scolastico.

“Con questo decreto” ha dichiarato il Ministro Valditara “prosegue il nostro impegno per consentire a tutti gli studenti, indipendentemente dal contesto sociale o geografico, di fare scelte consapevoli, funzionali alla piena realizzazione dei loro talenti e delle loro potenzialità”.

Almeno il 59% delle risorse sarà destinato ai territori delle regioni meno sviluppate.