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Sciopero 13 novembre: a dire no a stipendi fermi e riforma sarà tutto il sindacalismo di base

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Anche i Partigiani della Scuola Pubblica (Psp) hanno ufficializzato l’adesione allo sciopero indetto da Unicobas, Cobas, Anief e Cub per il 13 di novembre contro la Legge di Stabilità e 107/15.

I protagonisti della contestazione al ministro dell’istruzione Stefania Giannini alla festa dell’Unità di Ferrara, venerdì prossimo, oltre che aderire alla protesta nazionale, presenteranno ai Prefetti di varie province d’Italia un documento di sfiducia alla legge di riforma della scuola.

“La scuola che vogliamo deve essere libera e plurale; solidale e uguale; pubblica, statale e costituzionale!”, spiegano. “La scuola che noi vogliamo – aggiungono – non ha nulla a che vedere con la legge 107/2015, che è un testo inemendabile, in palese conflitto con il dettato Costituzionale oltre che incompatibile con buona parte della legislazione vigente”.

A Bologna una delegazione di studenti e docenti raggiungerà il palazzo della Prefettura e consegnerà il documento alle 10. Saranno interessate anche Roma, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Viterbo, Lecce, Catania, Caltanissetta, Ravenna, Palermo, Latina, Ferrara, Modena, Teramo, Foggia, Udine, Genova, Matera e Potenza.

Intanto, a poco più di due giorni dallo sciopero, continuano a rimanere le incertezze sulle manifestazioni. Gli unici dati sicuri è che si svolgeranno su due “luoghi” diversi: la prima porterà davanti o nei pressi del Miur; la seconda manifestazione, invece, si svolgerà attorno a Montecitorio. Davanti al ministero e al Parlamento dovrebbero quindi confluire gli aderenti alle sigle che hanno proclamato lo sciopero (Cobas, Unicobas, CUB, Anief, Sisa, Usi-Surf) e ai coordinamenti che hanno aderito (Comitati LIP, Adida, Mida, Autoconvocati, gli stessi Partigiani della Scuola e altri ancora).

 

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Nel frattempo, l’Anief ha ribadito i motivi dello sciopero: la Buona Scuola si “è trasformata in una sequela di novità che burocratizzano il sistema d’istruzione nazionale, trasformano sempre più i docenti in impiegati, concentrano poteri e responsabilità ai presidi, consegnano delle deleghe in bianco al Governo su temi delicatissimi come la revisione dei nidi e della scuola dell’infanzia o del sostegno, precarizzano il personale e negano l’immissione in ruolo ad oltre 100mila docenti abilitati, quasi 30mila Ata, migliaia di educatori e Dsga”.

Il sindacato chiede anche “al Governo risorse vere, non elemosine, per il rinnovo contrattuale. Il personale della Scuola proviene infatti da un quinquennio contraddistinto da stipendi bloccati e scatti di anzianità prima cancellati e poi recuperati, nemmeno tutti, solo con le risorse dello stesso comparto. Nello stesso periodo, non è stata corrisposta nemmeno l’indennità di vacanza contrattuale, che ha fatto perdere ad ogni dipendente una media di 5mila euro. Ora, non solo il Governo non vuole assegnare il maltolto, ma se la vuole cavare con un aumento inferiore a 10 euro lordi al mese”.

“Venerdì 13 novembre – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è l’occasione per inviare ai nostri governanti un segnale forte. C’è da rinfrescare la memoria ai decisori politici sulla Legge di Stabilità che penalizza gli stipendi dei dipendenti pubblici oltre modo. Perché in estate Consulta ha emesso una sentenza chiara che sconfessa il blocco imposto dal 2009: il Governo non può sedersi al tavolo del rinnovo contrattuale senza proporre almeno 110 euro di aumenti e 5mila euro di arretrati per l’illegittimo stop all’indennità di vacanza contrattuale. Come è avvenuto nel privato. I 300 milioni inseriti nella Legge di Stabilità, pari a meno di 8 euro lordi a dipendenti, rappresentano un oltraggio alla dignità del personale”.

“Poi ci sono da mettere in evidenza le tante storture della riforma: la Buona Scuola – conclude il sindacalista – doveva eliminare la supplentite, invece rimangono 150mila supplenti che ogni anno verranno chiamati dalle graduatorie d’Istituto”.

 

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