Home I lettori ci scrivono Quando a scuola il buonismo non paga

Quando a scuola il buonismo non paga

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Oggi  la scuola è il luogo più sano in assoluto. Chi entra in una scuola dovrebbe capire, prima d tutto, che sta entrando in un luogo “sacro” dove la promulgazione dei valori positivi sono il pane quotidiano e a questi valori si deve adeguare. Per questo chi opera in una scuola, alunno,  insegnante o personale ausiliario che sia, deve viverci  nel modo più sereno possibile. Però, perché questo accada, ognuno deve fare il compito che gli compete e per il quale è stato professionalmente preparato. Sicché nessuno insegnante è tenuto a fare il missionario, il tutore, il badante, il secondino, ecc. alla bisogna. L’insegnante non si può sostituire in tutto e per tutto. Delegando tutto alla scuola la stiamo snaturando nella sua essenza. Colpa anche di una certa psico-pedagogia, da alcuni decenni molto in voga, che trova una giustificazione in tutto quello che fanno i nostri ragazzi, in virtù della quale si dovrebbero assolvere tutti. Questa teoria ha fatto il suo tempo:  la scuola è una cosa, i centri di accoglienza e rieducazione ne sono un’altra.

Quello che è successo all’istituto superiore «Majorana-Bachelet» di Santa Maria a Vico (CE) non è che la punta di un iceberg di malessere che attraversa il nostro sistema scolastico. Spesso la troppa comprensione, la troppa tolleranza, il troppo buonismo, il trovare sempre un motivo che possa giustificare determinati comportamenti non sempre pagano. Nello specifico non credo che un alunno ritenuto “tranquillo” per ben 4 anni di scuola superiore impazzisca improvvisamente. Forse (ma è più di un forse) era già nota una certa sua repulsione verso il rispetto delle regole scolastiche (un passaggio che è sfuggito alla stessa DS in un’intevista data in TV,  alla Vita in Diretta). Il fatto che dice di aver trovato il coltello fuori la scuola, la pretesa di andare al bagno dopo essersi rifiutato di parlare con la docente, la prima rivendicazione di volere essere “rispettato” dall’insegnante è caratteristico di  chi vuole affermarsi davanti alla classe. Gli alunni vanno rispettati, ci mancherebbe, ma è una rivendicazione (il più delle volte infondata) che oggi fanno molto spesso gli alunni che non i docenti. La scuola fallisce proprio quando sottovaluta certi comportamenti, certe avvisaglie. Se colpa c’è in alcuni docenti  è perché molto spesso, troppo spesso, di fronte a casi problematici girano la testa dall’altra parte e lasciano da soli i colleghi più responsabili.  Mai girare la testa dall’altra parte. Mai dire con me va tuto bene quando non è vero. Ma essere coesi nel parlare sempre con gli alunni, con le loro famiglie, e in assenza di esse (sic), con gli enti preposti, fin dal primo giorno di scuola. Ecco, la scuola fallisce quando non fa questo.

Sappiamo tutti che i docenti buonisti tout court sono la panacea dei DS, dei genitori, degli alunni e gli esecutori inconsapevoli di un certo disegno politico che vuole la scuola esclusivamente come centro di accoglienza. Ma il  buonismo  ha ormai raggiunto limiti insopportabili e le espressioni  buoniste di cui si sta facendo portavoce anche la docente sfregiata con un coltello da un suo alunno, solo perché stava facendo semplicemente il proprio dovere di insegnante, mi fa rabbrividire. Spero e penso che tale buonismo sia dettato più dalla paura di eventuali altre ritorsioni nei suoi confronti, che non da una vera e propria convinzione personale.  La docente si preoccupa della fine che farà il “suo” alunno. Io invece mi preoccupo della fine che farà la scuola se per “recuperare” questi alunni, lascerà dietro le spalle l’altra stragrande maggioranza di alunni che a scuola ci vanno per migliorare ulteriormente la loro preparazione alla vita e non per essere fagocitati da altri compagni, che dovrebbero essere “recuperati” in altri posti e con altro personale specializzato in questo.

La docente, come riportato dalla stampa, ha detto alla sua dirigente scolastica: “Non faccia del male a quel ragazzo, Madonna mia non ce l’ho fatta a cambiarlo”.  E ancora: “Sono davvero dispiaciuta, forse abbiamo fallito”.  Con il massimo rispetto per la professoressa ritengo questo messaggio gravissimo per l’opinione pubblica e mortificante per tutta la scuola, in primis per tutta quella maggioranza di docenti che ai loro alunni danno anima e corpo… Tutto quello che succede nella scuola sarebbe solo colpa dei docenti?  E’ proprio questo il messaggio deviante che ha rovinato la scuola. Le colpe vanno ricercate nella società tutta che non riesce più a darsi delle regole certe e condivise.  Si fanno le leggi ma poi chi le fa rispettare? Proprio come i regolamenti scolastici. E comunque a scuola non si va per fare bullismo o per sfregiare qualcuno, per nessun motivo! A scuola si va solo per migliorare.

Gli insegnanti fanno di tutto per far crescere i nostri ragazzi ma non si può chiedere ad essi di essere santi o missionari. Gramellini, di cui molto spesso condivido i suoi accorati interventi, questa volta ha fatto un grosso scivolone nel voler fare intendere che fare la santa insegnante è il massimo della sua espressione professionale. Nella mia esperienza di docente mi sono sempre visto come educatore e padre di figli, che ha avuto come scopo, fin dal primo giorno, di insegnare a loro di saper rivendicare i propri diritti non prima, però, di essersi messi  a posto con i propri doveri.

La Buona Scuola non è quella che promuove tutti, a prescindere. La Buona Scuola non è quella che se boccia qualcuno fallisce. La buona scuola è quella che AIUTA tutti ma che fa anche rispettare adeguatamente la programmazione didattica, il raggiungimento degli obiettivi  minini da parte degli alunni e il Regolamento di istituto. Tutto scritto sulla carta ma costantemente disatteso in virtù del buonismo a tutti i costi,  molto spesso interessato.

E’ proprio questo buonismo che farà dire a molti altri alunni che studiano “ma chi me lo fa fare, tanto…”. Perciò questa è diventata una scuola al ribasso. Il problema è serio, lo dimostra quello che è accaduto all’istituto di Santa Maria a Vico, di una gravità inaudita, mai vista prima nella scuola, e i tanti altri episodi precedenti che vedono alunni e genitori “giustizieri” dei docenti. Purtroppo la cosa sembra interessare poco a chi ci governa, tant’è che ai docenti vengono dati sempre più carichi di lavoro e sempre meno soldi in busta paga. Intanto le reti televisive continuano a fare salotto con questa politica autoreferenziale e con questi talk show a limite della demenzialità. Per le televisioni fa più share parlare del maiale che gira tra i rifiuti di Roma che non di una scuola.

Angelo Pepe