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Scuola e lavoro

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Sono quasi 500 mila (su un totale di 2 milioni) i ragazzi e le ragazze italiane di età compresa fra i 15 e i 18 che svolgono un’attività lavorativa più o meno regolare.
In pratica un giovane su 4 anziché frequentare un corso di studi superiori lavora.
Lo rivela una indagine curata dalla Fondazione Corazzin di Venezia su incarico della Cisl, presentata il 18 gennaio a Roma nella sede del Cnel in occasione di un convegno dedicato alla formazione degli adolescenti italiani.
L’analisi dei dati fornisce particolari decisamente preoccupanti: la metà dei ragazzi che lavorano sono "regolari", ma l’altra metà è coinvolta in attività "sommerse" e non dispone quindi di nessuna garanzia o tutela.
Solamente il 6% dei 500 mila ragazzi che lavorano seguono anche attività di carattere formativo e ben il 12% dichiara di aver iniziato a lavorare prima dei 15 anni.
In altre parole questo significa che poco meno di 500 mila ragazzi italiani si colloca di fatto al di fuori dei percorsi formativi statali e regionali e finalizzati alla acquisizione delle competenze minime per acquisire piena cittadinanza nel nuovo contesto sociale e produttivo.
Questa realtà appare diffusa soprattutto nel Nord Est, nelle regioni del Sud e nelle Isole.
La ricerca rivela che il fallimento scolastico incide in modo determinante sulle scelte dei giovani: un terzo degli intervistati dichiara infatti di aver cominciato a lavorare proprio dopo una bocciatura.
Ma il quadro non è del tutto negativo, anzi: il 100% dei giovani intervistati si è dichiarato soddisfatto del suo lavoro !
Giuseppe De Rita, presidente del Cnel, ha una sua spiegazione del fenomeno e l’ha proposta nel corso del convegno: ”Oggi come dieci anni fa  i corsi di formazione o di apprendistato non si fanno o si fanno male. Questo è un argomento decisivo e drammatico, sul quale la società italiana e tutti gli operatori del mondo del lavoro, sindacati e associazioni compresi, dovrebbero riflettere e impegnarsi”.
Insomma: se il mercato del lavoro "tira" i giovani sono attratti più da una occupazione che dalla scuola, con la prospettiva, però, di entrare in un percorso scarso di opportunità formative.
L’augurio è che le recenti norme sul diritto allo studio favoriscano in tempi brevi una inversione di tendenza; in caso contrario le quote di giovani che si collocheranno ai margini del mercato del lavoro e della società civile potrebbero essere destinate ad aumentare.