Home Attualità Scuola pubblica: a difenderla sono ormai in pochi. Intervista a Marina Boscaino

Scuola pubblica: a difenderla sono ormai in pochi. Intervista a Marina Boscaino

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Marina Boscaino è insegnante di Italiano e Latino del Liceo Classico Francesco Vivona di Roma e tra i fondatori  del Comitato “Per la salvaguardia e il rilancio della Scuola della Repubblica”.
Boscaino è anche portavoce nazionale della Lipscuola e fa parte dell’Esecutivo per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e la rimozione di tutte le disuguaglianze.
Con lei proseguiamo l’analisi della difficile e complessa fase che sta attraversando il nostro sistema scolastico.
Clicca qui per leggere la prima parte dell’intervista.

Lei considera la Scuola un baluardo contro l’imbarbarimento del Paese. Secondo lei la scuola oggi assolve a questa funzione?  Se la risposta è negativa, per quali motivi?

Per i motivi cui ho appena accennato. La scuola ha rinunciato alla sua funzione. La competizione indotta dall’autonomia scolastica ha reso quelle motivazioni di cui dicevo meno significative: quel che conta è un’offerta formativa che induca l’ “utente” (sic!) a preferire l’istituto; la ricerca di proventi per inverare “le magnifiche sorti e progressive” non è solo la cura principale dei dirigenti-manager, ma di tanti docenti che o credono o si arrendono a questo modello; il pensiero critico-analitico è stato schiacciato dal dinamismo e dalla modernità (uso questi aggettivi con sarcasmo, ovviamente); alla verticalità della conoscenza si è sostituita la orizzontalità della competenza; gli ordinamenti scolastici che avrebbero dovuto avere maggiore cura da parte dello Stato – l’istruzione tecnica e professionale, perché frequentati da una popolazione scolastica svantaggiata, se si pensa alle percentuali di studenti migranti o di diversamente abili; la scuola dell’obbligo e dell’infanzia – sono stati i più mortificati. Rimangono sacche di resistenza, ma sono sempre più rare; prevale un sentimento di rassegnazione, di stanchezza, di noncuranza.

Ma perchè accade questo?

Perché stanche non sono, purtroppo, ANP, Compagnia delle Opere, Compagnia di San Paolo, Fondazione Agnelli che dirigono – pressoché indisturbate e con la complicità di tutti i governi – l’orchestra. A questi soggetti il governo giallo rosa, come quello giallo verde e – prima ancora – i governi di centro destra e centro sinistra che negli ultimi 25 anni si sono alternati, sono ben felici di affidare la direzione, partecipando trasversalmente della medesima visione, dettata da logiche di profitto, competizione, meritocrazia, semplificazione, selezione sociale che con la scuola non dovrebbero aver nulla a che fare, ma che pure hanno orientato le politiche scolastiche negli ultimi 25 anni.

Ma ci sono forze politiche che, almeno sulla carta, sono contrarie a questa “deriva”…

Ci si stupisce, certo, che quella che pareva una voce fuori campo – almeno su questo tema, il M5S – continui ad accreditare questi interlocutori. O che Liberi e Uguali voti a favore – in Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati – di un emendamento presentato dalla Lega al cosiddetto “Decreto Rilancio che aumenta a 300 milioni euro (una cifra proporzionalmente superiore a quella destinata alla scuola statale) lo stanziamento a favore delle scuole private a seguito dell’emergenza COVID-19.

Parliamo delle iniziative dei movimenti.
Quali sono le più  recenti attività del Comitato “Per il rilancio e la salvaguardia della Scuola della Repubblica”?

Poco più di un mese fa, dopo aver a lungo riflettuto sui tanti cambiamenti che – da marzo ad allora – il Miur aveva messo in campo; sui differenti e spesso discordanti provvedimenti per la gestione della pandemia (si pensi, ma è solo un esempio, alla questione della valutazione); dopo esserci convinti che – gialli, verdi o rosa che siano stati – i governi degli ultimi 25 anni hanno fatto colpevolmente della scuola un banco di sperimentazione per mettere in campo diktat e principi dettati da un modello economico e non dalla concretizzazione del dispositivo costituzionale; dopo aver assistito alla nomina (e infine alle conclusioni) della ennesima commissione di “esperti”, convocata appositamente; dopo aver capito – anche attraverso le bozze e poi la pubblicazione del Piano Scuola – che la gestione del rientro sembra essere orientata molto più che alla sicurezza (si pensi alla diminuzione progressiva della “rima buccale” tra studente e studente) sulla possibilità – offerta dall’emergenza e in nome di essa – di far penetrare definitivamente metodologie, strumenti – ma soprattutto pensiero , come ho accennato su – che siano in maniera inequivocabile governabili e diminuiscano i margini di libertà di insegnamento e apprendimento, abbiamo convocato (insieme a coloro che, come me, nell’ambito dell’esecutivo nazionale Per il ritiro di ogni autonomia differenziata, provengono dal mondo della scuola) un incontro che ha registrato una partecipazione elevata e – soprattutto – una confluenza su ciò che intendiamo per Scuola della Repubblica.

Adesso è arrivato anche il Comitato “Priorità alla scuola”…

Molti di coloro che hanno aderito alle iniziative a cui ho accenntato sono parte di Priorità alla scuola, il movimento che è riuscito ad animare le piazza di molte città, rispetto al quale, infatti, intendiamo porci a sostegno come spazio di riflessione permanente, come osservatorio costante, sulla base di un manifesto che moltissimi docenti hanno sottoscritto. Non, quindi, una condizione legata all’emergenza dell’attualità; ma una forma stabile di presenza, che non dimentichi le speculazioni e i tradimenti che – governo dopo governo – sono stati perpetrati ai danni della scuola statale.
La vigilanza sulle deviazioni che sono state e vengono legittimate rispetto all’aziendalizzazione selvaggia della scuola, ad una visione di scuola come servizio a domanda individuale e non come organo costituzione garante dell’interesse generale, alla privatizzazione, agli spazi della libertà di insegnamento e della democrazia scolastica deve orientare le nostre attività e le nostre proposte: per il momento – ma non è che l’inizio – una mozione da usare negli ultimi collegi docente estivi o nei primi del nuovo anno scolastico attraverso i quali i collegi stessi si impegneranno a chiedere in maniera intransigente che non uno degli strumenti e delle pratiche adottate durante la fase di emergenza potrà permanere quando l’emergenza stessa sarà cessata.

Un’ultima considerazione: com’è il rapporto con sindacati?

Abbiamo inviato una lettera ai dirigenti delle OOSS che chiede una precisa assunzione di responsabilità a chi da troppo tempo sembra venir meno alla propria naturale funzione, accontentandosi della nicchia di gestione del quotidiano. La situazione è gravissima: siamo davvero ad uno snodo fondamentale: non opporsi vorrebbe dire  essere complici della definitiva distruzione della scuola statale.