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Superiori a 4 anni, subito il parere del Cspi: innovazione didattica o mera riduzione di spesa?

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Martedì 10 gennaio il Consiglio superiore della pubblica istruzione potrebbe valutare il decreto sulle scuole superiori quadriennali.

A riferirlo è l’Ansa: l’organo tecnico-consultivo del Miur, scrive l’agenzia di stampa, ha infatti “in calendario la riunione dell’ufficio di presidenza del Consiglio” del Cspi ed in quell’occasione, con ogni probabilità, dovrà dire la sua sull’iniziativa del ministero dell’Istruzione di autorizzare 100 prime classi di istituti superiori – licei, tecnici e professionali, statali e paritari – ad attuare progetti di riduzione di un anno di corso del percorso di studi relativi alla secondaria superiore di secondo grado.

Sul modello di altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti, gli studenti di questi istituti, mai respinti, affronterebbero quindi gli esami di maturità a 18 anni e non più a 19 anni come avviene oggi.

La sperimentazione, come già scritto dalla Tecnica della Scuola, prevede di “concentrare” gli stessi “obiettivi formativi di un percorso quinquennale” nell’arco di un quadriennio di studi: “per questo in una stessa scuola ci dovranno essere una classe a 4 anni e classi a 5 proprio per consentire l’opportuno confronto.

Solo dopo l’espressione di questo ed altri pareri, il testo potrà essere adottato dalla neo ministra Valeria Fedeli. Contro il quale, però, si sono schierati già diversi addetti ai lavori ed associazioni di settore, preoccupate del fatto che la riduzione di un anno di scuola, soprattutto se allargata su larga “scala”, comporti un decremento formativo. E più di qualcosa hanno avuto da ridire i sindacati, soprattutto quelli di base, preoccupati dell’inevitabile riduzione di cattedre (diverse migliaia), tanto che parlano già di solita manovra ispirata esclusivamente da logiche di risparmio pubblico.

 

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Ma cosa dovranno fare le scuole superiori eventualmente autorizzate? Secondo quanto scrive Il Sole 24 ore, presentare un progetto, caratterizzato da «un elevato livello di innovazione» didattica. Si potrà chiedere l’attivazione di prime classi con in media 25-30 alunni (saranno quindi bocciate aule con pochi studenti).

Il percorso di studi “abbreviato” dovrà poi prevedere un potenziamento delle lingue, anche attraverso la metodologia Clil; bisognerà, pure, valorizzare le attività laboratoriali e le tecnologie digitali; oltre ovviamente a un generale rafforzamento del curriculo, a partire dall’alternanza scuola-lavoro obbligatoria e attraverso la partecipazione a progetti di mobilità internazionale. Sarà necessario, inoltre, rimodulare il calendario scolastico ed eventualmente potenziare l’orario settimanale delle lezioni (da circa 900 ore annue per 5 anni si potrà passare a 1.000-1.050 ore per 4 anni nei licei).

Le proposte verranno giudicate da una commissione di esperti, poi toccherà a un comitato scientifico regionale, costituito presso ogni Usr, monitorare, anno dopo anno, lo svolgimento del corso quadriennale.

Spetterà infine a un comitato scientifico nazionale, insediato al Miur, tirare le somme della sperimentazione, e decidere, eventualmente, se andare avanti con il progetto, e, in questo caso, proporre una modifica agli ordinamenti scolastici.

Vediamo, quindi, cosa diranno sulla materia i primi esperti del Cspi, con a capo Francesco Scrimi, ex segretario generale Cisl Scuola.