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Tfa, accolto il decreto cautelare contro test preselettivo

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Da quando il Miur ha deciso di trasformare il diritto alla formazione in un “privilegio” per pochi fortunati, l’associazione Adida ha con tutti i mezzi contribuito a contrastare le scelte politiche degli ultimi anni attraverso un’incessante azione legale volta a scardinare, passo dopo passo, l’accesso a numero programmato alla formazione dei docenti.

Lo ha fatto battendosi per l’istituzione dei PAS, pure con molte difficoltà e non ottenendo “giustizia” per tutti. Continua a farlo contrastando ogni forma di limitazione all’accesso alla professione di docente, attualmente definita dal Decreto 249/2010 che ha istituito i TFA, percorsi abilitanti che non danno accesso diretto alla professione stessa ma semplicemente ad un corso di formazione. In virtù del diritto costituzionale che dovrebbe favorire il diritto di tutti i cittadini alla formazione professionale, quindi, si è fatta promotrice di un ricorso amministrativo contro i test d’accesso ai Tirocini Formativi Attivi, alla loro seconda edizione, caratterizzati da vizi di forma che hanno dimostrato come si tratti di uno strumento sempre meno democratico.

Anche nell’edizione del 2014, infatti, il test nazionale preselettivo, nonostante le ammissioni di cattiva gestione da parte del Miur che nel primo ciclo non ha saputo assegnare tutti i posti banditi, a discapito di moltissimi aspiranti insegnanti, è stato caratterizzato da una soglia di accesso altissima, determinando l’assurda situazione di vedere privati i partecipanti alle prove del loro diritto alla formazione.

Dopo le grandi vittorie sui TFA degli anni precedenti, in cui per l’ennesima volta fummo i primi a capovolgere la situazione, anche per l’anno 2014, a seguito delle innumerevoli domande sbagliate in un test, il TAR del Lazio ha ammesso alla prova successiva tutti i ricorrenti con un punteggio superiore a 18 punti.

Ancora una volta, quindi, Adida, grazie ai suoi avvocati, si impone nella battaglia contro quelle scelte politiche che limitano l’accesso alla professione docente secondo regole di contingentamento e di contenimento che nulla hanno a che vedere con la “qualità” e il “merito” con cui l’Amministrazione e il mondo politico in generale hanno demagogicamente camuffato in logiche contrarie.