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Tra alcuni presidi, nella disputa sulla laicità della scuola, spunta il no al crocifisso

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Il mondo della scuola e la Chiesa si dividono sull’idea lanciata dai preti di frontiera, nella “Lettera di Natale”.

L’arcivescovo di Udine monsignor Andrea Bruno Mazzocato, nell’intervista rilasciata al Messaggero Veneto, sostiene che «da parte dei rappresentanti musulmani non ci sono difficoltà ad accogliere i nostri simboli cristiani. La ricchezza sta nel fatto di aprirci all’aspetto reciproco, non azzerando invece tutto, così si creerebbe il deserto; bisogna invece riconoscere i simboli dell’uno e degli altri, perché questa è la ricchezza. Noi cristiani dobbiamo sostenere i valori che veicolano la nostra storia, li dobbiamo offrire come valore, non come qualcosa che è in contrapposizione».

Monsignor Guido Genero, vicario della diocesi udinese, è meno accomodante e pone il quesito: “chi deve scegliere? Quante e quali le religioni “ammesse”? Quelle che hanno una percentuale di scolari fatta con il manuale Cencelli? E poi dovremmo rivoluzionare completamente il calendario scolastico: si starebbe a casa per osservare il sabato ebraico, o il venerdì musulmano? I simboli non sono solo spazio, ma anche tempo: preferirei continuare ad adottare la simbologia cattolica, già affermata, e diventata tradizione”.

Anche il mondo della scuola, scrive sempre Il Messaggero Veneto, su tale tema, non la pensa in modo univoco. Il dirigente di un istituto superiore della Bassa friulana dice: «La scuola è dei cittadini. Lo spazio deve essere libero, dedicato all’insegnamento delle materie previste, non occupato da simboli religiosi o di ideologie. Va bene la scuola multiculturale e negli istituti che dirigo l’integrazione viene praticata ogni giorno, con esempi e fatti.

Ma l’istituzione dello Stato è laica, che è rispetto e accettazione di tutti, sul modello francese. Personalmente sono contrario anche al crocifisso in aula, e lo sostengo io, che sono cattolico e ho studiato in seminario. Ma al contempo sono un funzionario e rappresento lo Stato laico, non confessionale e la scuola appartiene a tutti, senza distinzioni».

Contrarissimo a introdurre i simboli di altre religioni il preside dell’Isis di Sacile-Brugnera: «Chi fa queste proposte sta perdendo la trebisonda. Non esiste proprio. Personalmente sono favorevole solo a mantenere le nostre tradizioni cattoliche, no a tutto il resto, la mia chiusura è netta e totale. Ci sono due possibilità per il nostro sistema scolastico: o è laico, oppure adotta i simboli della tradizione cristiana. Non vedo lo spazio per altre simbologie, è una proposta fuorviante. Cosa spieghiamo? Cosa diciamo? Privatamente, invece, è un altro discorso: ognuno può seguire, in libertà, la propria religione».

Per il sociologo invece: «Che i cosiddetti preti “di frontiera” cantino le lodi della laicità, e chiedano nel contempo la presenza nelle scuole dei simboli di tutte le religioni, pare un’assurdità. La scuola o è un luogo neutro, deputato a rappresentare ciò che unisce (l’appartenenza alle istituzioni) e non ciò che divide (l’appartenenza culturale), o è lo specchio delle differenze presenti nella società: tertium non datur.

Che poi costoro si schierino per il presepe in aula è, come minimo, tardivo o, come dicono loro stessi facendo riferimento ad altri, grossolanamente strumentale. Dov’erano, questi uomini di fede, quando i simboli della cristianità erano oggetto di sequestro o di silenziosa

sparizione? Come mai non hanno lanciato un doloroso appello quando le nostre tradizioni erano aggredite dal branco laicista? Auspicare l’ospitalità è meritevole; un po’ meno lo è il voler stordire l’opinione pubblica con proposte di apparente buon senso».