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Un 15enne su 5 non legge in modo fluente, Marattin (Iv): “Servono docenti meglio selezionati e più pagati. No allo strapotere dei sindacati”

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I dati riportati oggi da La Repubblica sono alquanto preoccupanti: un quindicenne italiano su cinque non sa leggere bene. I ragazzi, pur ovviamente riconoscendo le parole, non riescono a leggere in modo fluente, inceppandosi e proseguendo con incertezza, facendo anche, spesso, alcuni errori.

Lettura, dati che fanno riflettere

Questo è ciò che emerge da un’indagine dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per conto del Pisa (Programme for International Student Assessment), Programma per la valutazione internazionale degli studenti. I dati relativi alla lettura sono un approfondimento sui dati del test condotto nel 2018.

I quindicenni italiani che leggono in maniera fluente non arrivano neppure all’80%: siamo al 79,2%. In Germania, Francia e Finlandia siamo attorno all’86/89%. Questi dati concordano con gli ultimi esiti dei test Invalsi, quelli somministrati nella primavera del 2022, secondo i quali più di un terzo (il 34,1%) degli studenti del secondo anno della scuola superiore italiani si colloca al di sotto del livello considerato accettabile in lettura. 

Gli studenti non sanno leggere bene? Sono i docenti di domani

A commentare questo quadro è stato, su Twitter, Luigi Marattin, deputato e Responsabile Economico di Italia Viva e professore di Economia all’Università di Bologna. L’ex deputato dem ha cercato di fornire una serie di soluzioni per contenere la situazione, partendo innanzitutto dal corpo docente. “Sono i lavoratori di domani. Gli elettori di domani. Gli insegnanti di domani (che in un circolo vizioso aggraverà il problema). I politici di domani. È il problema numero uno in Italia, perché se non risolto ipoteca i prossimi decenni di vita pubblica – e privata – del nostro paese”, ha esordito.

Ecco cosa bisognerebbe fare secondo Marattin: “Per risolverlo, bisogna avere il coraggio di dire basta allo strapotere dei sindacati, che fino ad oggi hanno fatto il bello e cattivo tempo nella scuola italiana. Via alla rivoluzione meritocratica: differenziazione delle carriere dei docenti (e della loro retribuzione), maggiore selezione (e maggiori stipendi), autonomia scolastica e tanto altro ancora. È un caposaldo della proposta politica liberal-democratica: diverso sia dalla destra (che ha saputo solo tagliare) che dalla sinistra (che non si è mai sognata di contraddire i sindacati)”, ha concluso.

Insomma, secondo l’esponente di Italia Viva il merito a scuola, tra studenti ma anche e soprattutto tra insegnanti ci vuole, eccome. Già qualche mese fa Marattin aveva espresso la sua posizione: “L’avversione alla parola ‘merito’ deriva dal fatto che si dice ‘guardate, se voi premiate il merito, cristallizzate quelle che sono le situazioni di vantaggio relativo’. Il punto fondamentale è comprendere che non esiste un’attenzione al merito senza un’ossessione verso l’uguaglianza delle condizioni di partenza, non di arrivo. Sentendovi parlare è troppo forte in me la tentazione di credere che voi, in realtà, vogliate l’uguaglianza delle condizioni di arrivo e non di partenza. Essa stessa, questa sarebbe il contrario del merito”.