Home Alunni Una vita in classe: la mia lettera contro l’INVALSI

Una vita in classe: la mia lettera contro l’INVALSI

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Sono un insegnante di scuola primaria e in quasi tre decenni di servizio, ho visto cambiare radicalmente il volto della scuola pubblica italiana. Purtroppo, questi cambiamenti non sono stati in meglio.

Ricordo il tempo pieno nella sua forma più autentica, con quattro ore di compresenza che permettevano una vera progettualità educativa, una didattica cooperativa, un’attenzione reale ai bisogni dei bambini. Oggi mi trovo di fronte a classi sempre più complesse, numerose, con un numero crescente di alunne e alunni con bisogni educativi speciali. Ma a fronte di questa complessità, le risorse diminuiscono, il personale è spesso precario, la continuità didattica è un’eccezione, non la norma. Tutto questo rende sempre più difficile rispondere ai bisogni formativi di ciascuna/o. Gli stipendi, tra i più bassi rispetto alla media OCSE, non riflettono né la complessità del nostro lavoro né la responsabilità che ogni giorno ci assumiamo. Nonostante tutto questo, non ho mai smesso di credere in quello che faccio, né di svolgere il mio lavoro con passione e competenza.

Ma ci sono decisioni politiche che non possono più essere accettate in silenzio.

Trovo inaccettabile che ogni anno vengano sottratti circa 30 milioni di euro alle scuole pubbliche per finanziare le prove INVALSI, uno strumento che da anni restituisce sempre la stessa fotografia: una scuola incapace di garantire pari opportunità educative; disuguaglianze territoriali e sociali che si perpetuano; iniquità che si consolidano anziché ridursi.

I dati delle prove INVALSI, basate su test a risposta chiusa o su domande che richiedono un’unica risposta corretta, non riflettono le competenze che noi insegnanti ci sforziamo di sviluppare ogni giorno: pensiero critico, collaborazione, creatività, autonomia. E soprattutto non forniscono strumenti concreti per intervenire dove c’è davvero bisogno: tra i banchi delle classi, nelle vite delle bambine e dei bambini che ci vengono affidati.

Il prossimo Rapporto INVALSI 2025? Ci si può attendere l’ennesima riproposizione degli stessi dati, con nessun miglioramento tangibile, nessuna risposta concreta alle disuguaglianze educative, e l’ennesima inefficacia dei fondi assegnati alle scuole sulla base di quei risultati.

Per questi motivi, ho deciso di aderire allo sciopero del 7 maggio, indetto dai COBAS Scuola, contro le prove INVALSI e le nuove Indicazioni 2025. Sciopero per difendere il valore della scuola pubblica, per chiedere investimenti veri, per rivendicare una valutazione rispettosa della complessità educativa e della professionalità docente. Sciopero perché credo ancora in una scuola che metta al centro le persone. Una scuola giusta è possibile. Ma dobbiamo avere il coraggio di pretenderla insieme. Io andrò a manifestare davanti al Ministero dell’Istruzione e spero di incontrare tutti coloro che hanno a cuore la scuola pubblica.

Silvano Spagnoli I.C. V. Anagni di Roma

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