Home Estero Uniformi scolastiche in Europa, preoccupa la presenza di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche)

Uniformi scolastiche in Europa, preoccupa la presenza di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche)

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La salute degli studenti e la rispettiva sicurezza non attiene solo ed esclusivamente alle aree in cui questi svolgono attività, apprendono e crescono. E neanche è possibile circoscrivere, per quanto fondamentale, la sicurezza e la salute al benessere psicologico a scuola. Vi sono elementi meno visibili che, a contatto con gli studenti su base quotidiana, ne determinano lo stato di salute. Dai primi anni 2000 la Commissione Europea ha stilato una serie di sostanze tossiche che non devono essere contenute all’interno della cancelleria, dei quaderni e dei supporti maneggiati in classe: l’elevata esposizione a tali polimeri comporterebbe danni a medio e lungo termine, con particolare impatto sul sistema nervoso. In particolare il PFAS, che ha incentrato su di sé polemiche e scandali industriali, rischia di essere ancora contenuto all’interno delle uniformi scolastiche. Migliaia di associazioni europee, in particolare nel Regno Unito, lottano per l’abbandono di tale sostanza nella produzione di beni ad uso scolastico.

Gli emendamenti rivoluzionari

Due emendamenti al Children’s Wellbeing and Schools Bill, in discussione alla Camera dei Lord britannica, propongono di vietare l’impiego dei Pfas – le cosiddette “sostanze chimiche eterne” – e di fibre sintetiche negli indumenti scolastici. L’emendamento 202A mira a introdurre un divieto quasi immediato dei Pfas nei grembiuli e nelle uniformi, affiancato all’obbligo di un “passaporto digitale” che riporti la composizione chimica dei materiali tessili utilizzati. L’emendamento 202B, invece, impone al governo di stabilire, entro un anno, nuove norme per limitare o eliminare l’uso di tessuti considerati nocivi per la salute pubblica e per l’ambiente. Tali proposte si inseriscono in un contesto di crescente allarme scientifico e sociale riguardo ai Pfas, sostanze usate per rendere i tessuti resistenti all’acqua e alle macchie, ma associate a effetti tossici di lungo periodo. Attualmente, nel Regno Unito non esiste una legislazione specifica che ne regoli l’uso nei tessuti scolastici, a differenza dell’Unione Europea che, nel quadro della strategia “Zero Pollution” e del regolamento REACH, ha avviato un iter per la progressiva restrizione dell’uso di migliaia di Pfas entro il 2027.

Il rischio e le problematiche dei materiali sintetici

Le fibre sintetiche, che rappresentano oggi oltre il 60% dei materiali tessili globali, sono anch’esse al centro della proposta di regolamentazione. Nonostante la mancanza di dati ufficiali, si stima che gran parte delle uniformi scolastiche sia prodotta con poliestere o nylon, materiali economici ma problematici: rilasciano microplastiche invisibili già durante l’uso quotidiano. Studi citati nel dibattito parlamentare indicano che fino a 400 microfibre per grammo di tessuto possono disperdersi nell’ambiente in appena 20 minuti di utilizzo. Tali particelle sono state ritrovate in sangue umano, latte materno, tessuto polmonare e persino cerebrale, sollevando preoccupazioni sull’accumulo sistemico e sulla cosiddetta “esposizione combinata” a più contaminanti ambientali. Organizzazioni come Greenpeace e Green Alliance chiedono un allineamento alle norme UE, dove si fa strada l’adozione del principio di precauzione e della responsabilità estesa del produttore. Secondo gli attivisti, la protezione dei bambini – soggetti particolarmente vulnerabili – non può essere affidata solo alla buona volontà delle aziende, ma richiede un intervento normativo vincolante che metta al centro la salute pubblica e la sostenibilità ambientale.