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Università del Texas, caso di razzismo al contrario: la danneggiata è una studentessa bianca

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Il razzismo non ha colore. E chi pensa che si attui solo nei confronti delle persone di colore sbaglia. Lo testimonia una recente vicenda accaduta nell’università del Texas, dove una studentessa di razza bianca ha fatto causa all’istituto perché alla base della sua esclusione per iniziare la carriera accademica vi sarebbe proprio il colore della pelle.
Abigail Fisher, questo il nome della donna, crede che il colore della sua pelle le sia costato, nel 2008, un posto all’università che aveva sempre sognato di frequentare. Eppure, in nome della diversità, il processo di ammissione all’università del Texas prevede che la razza sia un fattore determinante nella scelta di un quarto degli studenti, per favorire afroamericani e latinoamericani rispetto a bianchi e asiatici.
Se c’è un settore dove dovrebbe essere rispettata l’uguaglianza razziale è l’ammissione all’università” è la tesi sostenuta da Fisher davanti alla Corte Suprema, che discuterà il caso a ottobre. “Selezionare chi beneficerà dei pochi posti disponibili nelle università ha delle conseguenze enormi” ha aggiunto.
Enormi potrebbero essere le conseguenze, per la selezione degli studenti in tutte le università americane, pubbliche e private, nel caso la Corte le desse ragione.
Il popolare Washington Post, che ha ripreso la notizia, ricorda che sono passati più di 50 anni da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ordinò all’università del Texas di ammettere un ragazzo di colore alla sua facoltà di legge. E quello stesso campus texano è al centro di una nuova battaglia razziale. Questa volta, però, a sfidare le istituzioni è una donna bianca.